martedì 25 novembre 2014

Punta di Scais - Cresta Corti

Era l’ultima chiamata per il “leggendario crinale”; una cavalcata da mille metri di sviluppo quasi tutti da scalare sulla lunga e imponente cresta che separa il Vallone di Porola dal Vallone di Scais.
02 novembre 2014 ore 5:00.
La porta della Capanna Mambretti si schiude e pressoché all'istante veniamo accolti da uno schiaffo freddo… freddissimo. Il tepore del focolare è già un antico ricordo e il cielo ci accoglie con uno straordinario tappeto di stelle. Se non fosse per l’urlo della sveglia giurerei di vivere ancora il sogno.
La frontale sarà compagna silenziosa fino alla “Prua” ma siamo carichi e fiduciosi.
(Sinceramente) Io pure un po’ timoroso.
Le giornate ormai sono cortissime e la cresta lunghissima, estenuante. Le temperature durante gli ultimi giorni sono completamente crollate ma la montagna sembrerebbe in ottime condizioni.
Con ogni probabilità saremo gli ultimi di quest’anno, e verosimilmente per buona parte dell’anno prossimo, ad abbracciare la punta più ambita delle Alpi Orobie poiché da qualche giorno le previsioni meteo ripetono "in loop" che da domani un intenso peggioramento interesserà quasi tutta Italia con neve a quote medio-alte (per la cronaca il maltempo imperverserà quindici/venti giorni consecutivi).
Un po’ infreddoliti giungiamo all’attacco della “prua” e prendiamo fiato… qualche minuto e sarà l’alba.
Yuri mi guarda e con convinzione esclama: “sei pronto”? Le labbra disegnano un tenue "si".
Sono conscio che dovremo essere veloci, se non addirittura velocissimi, ma d’altra parte è tutto l’anno che sto allenando testa e gambe per questa Ascesa.
“LA” salita per eccellenza delle Alpi Orobie.
CRESTA CORTI con variante Longo-Giudici, ma che bel viaggio!
Le vicende della sopracitata cresta, con ogni probabilità uno degli ultimi problemi alpinistici delle Alpi Orobie, si possono riassumere in quattro fasi distinte.
1) il 20 maggio 1909 P. Berizzi, B. Sala e A. Iosi compivano la prima salita dalla vedretta di Scais al
 Torrione Occidentale;
2) il 16 luglio 1911 P. Berizzi, G. Pellegrini e B. Sala compivano il primo percorso di tutta la cresta dalla vetta estrema al Torrione Occidentale;
3) l’1 ottobre 1916 B. Sala e F. Perolari traversano il Torrione salendolo per il suo spigolo orientale raggiunto per il già noto piovente meridionale e scendendo per il tratto superiore della cresta occidentale (passaggio chiave della cresta Corti);
4) il 22 luglio 1926, quindi ben 10 anni più tardi, Alfredo Corti e Augusto Bonola compiono il primo percorso integrale della cresta dalla base alla vetta estrema.
Ma dove eravamo rimasti? Assì, alla “Prua” [termine coniato da me e Yuri durante l'avvicinamento]. I primi cinque tiri si mostrano piacevoli nonostante le mani siano intorpidite dal freddo. Si scala con i guanti ma non è un problema poiché il grado s’attesta sul III stranamente divertente grazie alla buona qualità della roccia. Saliamo con protezioni [dobbiamo essere] veloci e ogni tanto l’occhio intravede qualche vecchio chiodo ormai corroso. Qui così s’è fatta la storia delle Alpi Orobie.
Un ultimo diedro/camino ci deposita sulla vera dorsale della lunga cresta proprio nell’istante in cui il giorno ha preso il sopravvento sulla notte.
Silenziosamente, oggi la parola d’ordine è “automatici”, scaliamo una prima torre alta una cinquantina di metri con passi al limite del III divenuto poco divertente giacché la qualità della roccia è decisamente peggiorata.
Sono immerso nei pensieri e mi sto godendo la salita, d’altra parte è tutto l’anno che la sto preparando, quando sulle rocce intravedo un primo breve strato di vetrato. Le alte temperature del giorno hanno rinvigorito la rugiada che cinta dal freddo sospiro della notte s'è trasformata in verglass.
Un leggerissimo strato invisibile… bastardo.
Scalata la prima torre se ne presenta una seconda, elegante, che valichiamo con le stesse modalità della prima la quale ci deposita alla breccia del Torrione Occidentale di Scais.
L’ambiente è grandioso ma ugualmente severo.
Ma quanto sono belle queste Orobie!
Ora abbiamo tra le mani tre carte o se meglio preferite opzioni ma, ahimè, nessun jolly.
Prima opzione: seguire una minuta ed esposta cengetta rocciosa sul lato settentrionale per poi salire tosto la parete soprastante con passi delicati, non banali, e in fortissima esposizione. Yuri l’ha già fatta e dice che è marcia da fare schifo.
Non ne vuole proprio sapere.
Seconda opzione: scalare direttamente lo spigolo del torrione puntando ad un picchetto di ferro piantato in una piccolissima fessura, presumo nel 1930, e poi spostarsi sulla sinistra per evitare un tratto strapiombate ma… come sarà la roccia? Probabilmente 80 anni fa il passaggio era un po’ più semplice ma ora?!?!? Quasi certamente è venuto giù qualcosa da lassù. Scartiamo l’ipotesi.
Cerco ancora il jolly… non lo trovo. Dove cazzo è il jolly?!?!?
Terza opzione, aiuto: la variante Longo-Giudici che dicono sia di roccia molto bella, solida, ma… strapiombante. Chi mi conosce sa bene che odio i tratti che strapiombano, faccio proprio cagare a scalarli. Oddio, faccio cagare a scalare in generale ma ormai il dado è tratto. Ci caliamo per 10 metri dalla breccia, lato meridionale, e attacchiamo una marcata fessura (un buon IV°) che culmina nei meandri d’un tetro diedro/camino. Sono combattuto se guardare verso il basso, un volo secco di 400 metri, oppure verso l’alto… l’infinito!
Guardo davanti e stop.
Abbiamo una bella sosta su tre chiodi e poco sopra vediamo altri due chiodi che spero servano ad azzerare (non sarà così). Parte Yuri che con gran classe, è uno spettacolo vederlo scalare, supera lo strapiombino e si sposta leggermente sulla sinistra. Lo seguo attentamente per capire dove dovrò passare ma mentre le corde sono in tensione… BAM… esplode un chiodo che quasi mi arriva in faccia.
Sono praticamente nel vuoto, più che una cresta la variante sembra una via in parete, e Yuri sta ancora salendo. Si volta e con nonchalance mi dice “va che culo, abbiamo un chiodo in più”!!!! Scoppio a ridere comprendendo che quel chiodo non l’avevamo messo noi; la nostra sosta è perfetta.
Trascorsi una manciata di minuti sento chiamare la sosta, mi lascio appendere alla corda e inizio a schiodare.
Non oso guardare verso il basso.
Il "canto" dei chiodi che escono senza opporre troppa resistenza è musica per le mie orecchie, alias fatico un po’ meno.
Parto, salgo, guardo, cerco, spremo, ma tutto è fottutamente liscio.
“Sghiso", ragiono e finalmente dopo tre bestemmioni perentori mi trovo alla sosta.
Come ho fatto a passare quel tratto?
Sinceramente non lo so.
IV+. Cioè… IV+?!?!? A me, noi, quel cacchio di passo c’è sembrato un V grado e forse +… e comunque non lo farò mai +.
Fanculo a tutti sti +!
Bene, il tratto chiave è stato superato e altre due filate su roccia più facile e meno inclinata ci depositano sulla vetta del Torrione Occidentale della Scais (2970), si, i pionieri lo chiamavano così.
Gli occhi immortalano il panorama.
L'anima esulta.
Pensate sia finita? Niente affatto. Poco oltre la vetta tutto è ricoperto da uno strato invisibile di verglass e la discesa dal Torrione Occidentale dobbiamo affrontarla con la massima cautela. Qui tiri non se ne fanno, si viaggia in conserva, perciò è severamente vietato sbagliare.
Una breve doppia ci deposita nei pressi della base posta ad Est dell’estetico torrione facendoci risparmiare tempo prezioso.
Non ricordo moltissimo del restante percorso, siamo stati velocissimi, ma se non erro abbiamo scalato un ertissimo torrione di placche lisce e verglassate (IV+) seguito da una spaccatura un po’ complessa che evita un gendarme aggettante –vi si scende strisciando e si risale in cresta con un passo duretto (IV)- la quale anticipa una peculiare “placca rossastra” dov'è giocoforza fare una delicatissima calata a corda doppia per difetto dell’affilato filo dello spigolo che potrebbe tagliare le corde. Terminato questo tratto ci si trova dinanzi ad una parete verticale, quel giorno IV verglassato quindi molto stronzo, che culmina alla base del cupolone finale della vetta.
Cupìdo ha scoccato la freccia nel cuore delle Orobie!
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Quest’ultimo tratto come l’aveva descritto Alfredo Corti: “dal Torrione Occidentale seguendo esattamente il sottile aereo spigolo, di roccia soda, di percorso divertente, si scende alla depressione a monte, la maggiore di tutta la cresta: dalla quale la cresta si erge ripida, con una serie di placche lisce speculari, embricate: non essendo possibile seguire lo spigolo, espostissimo su un gran vuoto e a tratti senza appigli, si risalgono con difficoltà e poca sicurezza le placche (le superiori più fessurate delle inferiori) e poi, con maggiore facilità, si sale lungo il margine settentrionale delle placche stesse. Alla loro sommità si continua per il filo di roccia buona, fino a una piodessa rossastra, liscia e assai inclinata, che costituisce il margine di un netto intaglio della cresta. Dalla piodessa lo spigolo piomba prima verticale e poi con netto strapiombo nella breccia, sotto la quale un muro di roccia ertissimo precipita verso Sud e un canalino ertissimo di solito nevoso scende verso Nord. Sulla piodessa era un chiodo robusto per calare alla corda nella breccia (è stato tolto per la facilità di un cattivo arrivo sulla muraglia meridionale invece che sulla stretta breccia). Alla sommità della piodessa si abbandona il filo e ci si cala per rocce discrete, ma ripide, per non molti metri, sul versante settentrionale, fino a entrare nel canalino che adduce all’intaglio. Da questo si procede agevolmente fino ad una torre che s’affaccia con uno spigolo verticale alla vetta, si scende senza sforzo su buoni appigli presso il filo, appena sul versante settentrionale, donde, per una breve dorsale di sfasciumi, si raggiunge la base della cuspide finale. Ci si arrampica per appigli embricati, non del tutto facili, presso lo spigolo o per una spaccatura sul lato meridionale, evidente ma peraltro meno consigliabile, fino alla cima”.
Indiscutibilmente complesso.
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02 novembre 2014 ore 13.30.
Il silenzio prima della tempesta avvolge la vetta.
Tre giorni dopo da queste parti ci saranno un paio di metri di neve.
Carpe diem!
Un anno intero per preparare/sognare questa ascesa, l'ASCESA, e il sogno finalmente s’è avverato.
Cinque calate a corda doppia e poi “on fire”, come dice Yuri, sulla Vedretta di Scais.
Il rientro ad Agneda lo ricorderò come la passeggiata più appagante della mia vita.
Me la sono gustata tutta in ogni singolo respiro!
  
  
Una bellissima immagine di Paul Testini (grazie) scattata dal Meriggio con l'intero sviluppo della Cresta Corti e la linea di salita...


Fuori il freddo dentro il tepore colorato.
La nostra festa di Halloween al Rifugio Capanna Mambretti!


L'imbrunire accoglie la Motta di Scais e il Piz Ceric.
Sarà una notte ricca di pensieri...


One step back.
Nei pressi dell'esposto diedro finale alla "Prua".
Siamo già al quinto tiro ma neppure ad un terzo della lunghissima via.
Buff... buff!


Poche ore prima.
Nostalgia e malinconia dei tempi che furono... vorrei fermare il tempo.
Ora...


Yuri ai piedi della "Prua", l'oscuro e tetro muraglione verticale che porta sulla Cresta Corti.
Lo schiaffo freddo d'improvviso cancella tutti i miei dubbi.
Che i giochi abbiano inizio!


L'alba ci accoglie mentre già stiamo scalando.
Sarà una giornata lunga.
Per non dire lunghissima...


Usciti dalla "Prua" ci aspetta roccia appoggiata seppur su grande esposizione.
Comincia il marcio.
Well!


Scavalcati due torrioni di roccia malsicura ecco comparire la severa parte finale del Torrione Occidentale della (o di) Scais (2970).
I pionieri lo chiamavano "della Scais"; io lo chiamo impestato!


Cavalcando "rottami" si presenta una vista insolita sui crepacci della sottostante Vedretta di Porola. Sembra in buona forma quest'anno!


Particolare dedicato al picchetto infisso "dai tempi che furono" nello spigolo del Torrione Occidentale.
Li così è venuta giù un po' di roba e il picchetto è ormai inutilizzabile...


Impegnato sulla [bella] variante Longo-Giudici.
Porca puttena strapiomba quasi tutto.
Duretta.
Buff... buff!


Da una delle numerose brecce lo sguardo più ambito di questo meraviglioso 2014.
Quasi non ci credo...


La corda segue la marcata fessura del primo tratto della variante.
Roccia decisamente buona ma difficoltà altrettanto bastarde...


Pizzo di Redorta e Fetta di Polenta da una prospettiva inconsueta.
Meraviglia delle meraviglie!


In sosta sulla variante Longo-Giudici.
Sotto lo scarpone un bel saltone di almeno 400 metri.
Fico!


Spunta il Pizzo di Porola e la Cima di Caronno.
La vetta dello Scais è ancora lontanuccia...


Yuri sul diedro strapiombante e difficile della variante Longo-Giudici.
Secondo me più in alto, lassù, era più di un V grado...


Fetta di Polenta, Torrione Curò e Punta di Scais con torrioni adiacenti.
Da qui in poi sarà tutto un III-IV-IV+, ecc.


Tratti spesso affilati su rottami instabili; welcome to Cresta Corti.
Alle spalle il Pizzo di Scotes...


Molto happy (ma anche un po omino Michelin) sul Torrione Occidentale.
Dietro me la Punta di Scais appare ancora lontana!


Dal Torrione Occidentale il Lago di Scais.
Bello, bello!


Discesa dal torrione stando sul lato settentrionale con vetrato infidissimo.
Abbiamo tribolato molto in questo frangente; sembrava di stare sul sapone. 
D'altra parte è novembre...


Breve calata a corda doppia per raggiungere la breccia ad "E" oltre il Torrione Occidentale e velocizzare i tempi.
Le giornate ormai sono cortissime e le ore a disposizione pochissime.
Il desiderio piano piano si sta realizzando...


Spettacolare l'affilatissima "lamona" che scende quasi 100 metri dal Torrione Occidentale verso la grande depressione a Est...


Le grandi placconate; una serie di lucide lastre inclinate, scure, scivolose e di roccia cattiva. Oggi pure vetrata.
Dannatamente delicato (e impestato) salire fin lassù...


La breve ma delicata calata dalla placca rossastra.
Lo spigolo è molto affilato e la corda bisogna posizionarla "ad hoc".
La foto non rende ma sotto Yuri ci sono 5 metri di strapiombo e poi un salto nel vuoto di almeno 300 metri.
Ecco come aveva descritto questo punto l'Alfredo Corti: "dalla piodessa lo spigolo piomba prima verticale e poi con netto strapiombo nella breccia, sotto la quale un muro di roccia ertissimo precipita verso Sud e un canalino ertissimo di solito nevoso scende verso Nord"...


Dall'alto zoom sulla caratteristica placca rossastra.
Visibile, più o meno, la sosta per la calata a corda doppia (alla destra della fessurina che taglia a metà il sassone)...


Ma non è ancora finita.
Alcuni passaggi a "N" richiedono estrema attenzione causa vetrato.
Più o meno questa è la situazione della parte medio-alta dell'ascesa.
Impegnativa è dir poco...


Un'altra immagine spettacolare del Torrione Occidentale di Scais...


L'ultima torre poco prima della vetta. Anche qui siamo fin verso il IV.
A "S" il precipizio è immane, mentre a "N" qualche cengetta mitiga la vista...


La vetta vista dall'ultima depressione.
Quasi non ci credo!!!


The last few meters nell'espostissima spaccatura meridionale alla Punta di Scais...


Troppo bello questo piccolo angolo selvaggio!


02 novembre 2014 in vetta alla Punta di Scais dalla Cresta Corti.
Il desiderio più ambito s'è realizzato!


Bastionate del Redorta dalla Vedretta di Scais...


Nel mentre delle cinque doppie che depositano sui pendii basali del Camino Baroni...


E poi la sorpresa. 
Durante il rientro alla Mambretti la falce di luna illumina e osserva la Cresta Corti.
Il finale più bello.
Abbiamo visto nascere e morire il giorno.
Carpe diem, il giorno perfetto s'è consumato!


P.S. Un paio di riflessioni; la cresta è indubbiamente impegnativa, la variante a  mio parere supera il V, è lunghissima e la roccia risulta buona solamente sulla “Prua” mentre il resto è un po’ così.
Molti di voi stanno reclamando un nuovo libro che racchiuda tutte queste “perle orobiche”. Dunque, innanzitutto cercherò di concludere tale grande impresa -più vado avanti e più mi rendo conto che questa sta divenendo un’impresa a tutti gli effetti- dopodiché vedremo.
L’idea è di raccogliere tutti i "BlogSpot" in una pubblicazione che contenga le cavalcate più belle, impegnative e “neglette” accompagnate da un congruo numero di fotografie.
Ma ne riparleremo verso fine 2017.
UPDATE: il libro dovrebbe uscire poco prima di Natale 2018!


venerdì 7 novembre 2014

Monte Pradella & Pizzo Salina traversata integrale

La penultima cavalcata prima del “fuoco pirotecnico” stagionale finale che vedrete settimana prossima.
Cresta “N-W” integrale del Pizzo Salina partendo dal Monte Pradella… ma che bella sorpresa. Roccia delicata e passaggi parecchio aerei sono gli ingredienti di questa nuova solitaria “A”vventura tra le braccia dell’Orobia negletta.
I passi delicati sono tre: La discesa dalla Quota 2528 più la salita al Torrione di Quota 2475 (facile anche se su erta isiga la discesa dal versante opposto) e un gendarme –vedi foto- posto alla depressione tra il sopracitato torrione e il Pizzo Salina. In quest’ultimo caso ci sono due possibilità: scalarlo dallo spigolo, pochi metri ma delicati per via della non buona qualità della roccia, oppure aggirarlo sulla sinistra abbassandosi leggermente tramite ripida cengia erbo/rocciosa per poi rientrare sfruttano una seconda cengia (sx-dx) che termina nei pressi della vetta del gendarme.
Questo il SUPER giro consigliato a chi è bene allenato e soprattutto avvezzo ai percorsi in cresta (alcuni passi di II° molto esposti): Valgoglio - Rifugio Gianpace - Lago Zelto - Monte Pradella dalla Cresta Est - discesa dalla cresta “S-W” - Quota 2528 - Quota 2475 (denominata pure Torrione del Salina) - Pizzo Salina – discesa dalla “normale” e rientro a Valgoglio.
Molto divertente e spettacolare.
Pochi giorni dopo invece…
 
 
Dal Monte Pradella parte della cavalcata.
Quota 2528 -in primo piano- e a seguire la Quota 2475 (Torrione) con Pizzo Salina...
 
 
Sotto attenta osservazione.
Saranno l'unica odierna compagnia!
 
 
Molto semplice la salita al Pradella dal versante Est.
Una facile discesa e poi inizierà il bello!
 
 
Quota 2475 (Torrione di Salina) con Pizzo Salina e Lago Zelto (Gelt) in bella mostra...
 
 
Un fugace sguardo ai laghi della Valgoglio...
 
 
Terminato lo 'scavalco' del Pradella il gioco diviene interessante.
Da questa prospettiva la Quota 2528 sembrerebbe ardita.
In realtà si sale bene...
 
 
Verso Sud la lunga cresta del Monte Corte e il Resegone abbracciato dal mare di nuvole...
 
 
Cucciolotto!
 
 
Dalla Quota 2528 la Quota 2475 (Torrione) e il Pizzo Salina incorniciati dal mare di nubi.
Salire SU questa quota s'è rivelato più facile del previsto ma da qui in poi la cavalcata diverrà più ingaggiosa...
 
 
Spunta il Monte Guglielmo in veste mooolto suggestiva!
 
 
Superata la Quota 2528 ecco come si presenta la Quota 2475 (Torrione del Pizzo Salina).
La cresta si prospetta assai interessante ma pure esposta e marcia.
Modalità cautela; ON!
 
 
Love at first sight!
 
 
Il Pizzo Salina dal Torrione della Quota 2475, nuove prospettive pure oggi.
Questo tratto di cresta come sospettavo s'è rivelato aereo e delicato.
Molto bello però!
 
 
Dai Diavoli ai "Giganti"... la mia testa è la, settimana prossima scoprirete il perchè.
Resterei in ammirazione per ore!
 
 
La discesa dal "Torrione del Salina" è stata facile ma poco oltre ecco comparire l'elegante gendarme posto poco prima dell'impennata finale della Cresta "N-W".
Volendo è aggirabile sulla sinistra su cenge ripide ed esposte oppure scalabile con estrema cura. Io l'ho scalato!
 
 
A picco [la cresta in alcuni punti è molto aerea] il Lago Zelto che è ancora tutto "zelato"!
 
 
Il lungo tratto di cresta affilato e soprattutto aereo da poco percorso.
Regna il Pradella... arrivo da la!
 
 
Solamente... WOW!