martedì 16 agosto 2016

Torrioni di Reseda (2350 circa)

C’è un tratto di cresta nella Conca del Calvi che puntualmente tutte le relazioni aggirano; una parte di crinale che, se osservato dal basso, incute quasi timore.
Da molto tempo stuzzicava la mia voglia di esplorazione e, ma cosa ve lo dico a fare, l’equazione con il termine “avventura” è sorta quasi spontanea. 
Molti di voi si staranno chiedendo quale sia questo tratto di crinale tanto scorbutico quanto inospitale… per non dire selvaggio.
Facile; sono una serie di tre torrioncelli che, se percorsi completamente, rendono possibile la traversata integrale tra il Monte Reseda e il Monte Grabiasca per quella che con ogni probabilità è la parte più rognosa e delicata della “corona” che cinge la bellissima Conca del Calvi.

Agosto 2016.
Da una settimana è iniziato il mese più “orobico” dell’anno; un mese partito in sordina per colpa delle copiose piogge “amazzoniche” caratteristiche di questa strana e stramba estate.
Con Luca ho programmato di salire al Calvi e dare un’occhiata da vicino alla sopracitata cresta della quale si conosce poco o nulla; soltanto una parvenza di descrizione scovata da qualche parte “il tratto in cresta che congiunge il Grabiasca al Reseda è probabilmente percorribile ma la roccia è poco sicura e quindi scavalcare i torrioni presenti può essere problematico” mentre sul libro del Saglio, la “bibbia” delle Orobie per intenderci, non si trova niente.
Anzi, qualcosina ho scoperto, ma come scrivevo in precedenza anche in questo caso i torrioni vengono aggirati: “dal Passo di Reseda si rimonta la lunga cresta, detritica e rocciosa, girando alcuni spuntoni sul versante occidentale.
Ma come, anche il Saglio che evita quegli spuntoni?
“Sarebbe opportuno –anzi bisogna- salire a dare un’occhiata”, comunico a Luca.
In fin dei conti i termini avventura ed esplorazione significano anche e principalmente questo.
Dal Calvi quindi saliamo al Monte Reseda, moooolto facile, e da li diamo il via a questa nuova peripezia con l’obiettivo di raggiungere integralmente il Monte Grabiasca scavalcando quindi i tre torrioni che da oggi avranno una quota, 2350 circa, e un nuovo nome: “Torrioni di Reseda”.
In tasca non abbiamo nessun itinerario ma nella testa, “in loop”, gira la solita frase con protagonista quella frase ormai divenuta piacevole consuetudine: voglia di esplorazione.
Ci abbassiamo dal Monte Reseda e iniziano a percorrere il facile crinale in direzione del Monte Grabiasca.
La prima protuberanza è facile e divertente e volendo si possono trovare brevi passi di II° su ottima roccia. In vetta ci attendono un paio di paletti di legno ‘si e no’ appartenuti all’era paleozoica!
Lo sguardo in direzione del primo torrione lascia presagire che ben presto il divertimento lascerà posto alla classica dose di “marciume orobico DOC” in quanto la roccia peggiora sensibilmente.
Marciume orobico DOC; l’ensemble di termini più in voga nel mio personale vocabolario!
Il passaggio tra la protuberanza e il primo torrione è comunque semplice; un bel II° farcito da una sana porzione di buona esposizione.
Con piglio pressoché avventuroso Luca mi raggiunge accorgendosi immediatamente di quello che fino a quel momento era stato soltanto un mio presentimento: il collegamento tra il primo e il secondo torrione presenta una paretina breve ma decisamente pericolosa. Non è difficile, ma la roccia –pessima- sembrerebbe attaccata con lo sputo.
In poche parole: potrebbe venire giù al sol sguardo.
Proprio in quell’istante scorgiamo due persone che stanno percorrendo la cresta nel senso opposto al nostro.
Ma come, penso, non ho trovato nulla che descrivesse questo itinerario e proprio il giorno che decido di percorrerlo incontro qualcuno con la mia stessa idea?
“Non male”, dico a Luca, “quando ci incroceremo chiederemo informazioni sulle difficoltà del percorso”.
Le ultime parole famose… poiché dopo neppure tre minuti vediamo quelle due persone battere in decisa ritirata scendendo un costolone secondario del crinale.
“Oh cazzo”, continuo guardando Luca, “i casi sono due: hanno sbagliato itinerario, oppure la cresta è bella bastarda”.
Scoprirò più avanti che l’ipotesi esatta era la seconda!

Ma dove eravamo rimasti?

Assì, al passaggio tra il primo e il secondo torrione.
“Fermati qua un attimo che vado a dare un’occhiata”, dico a Luca.
In effetti il passo tra il primo e il secondo torrione non è stato semplice; la paretina va affrontata direttamente con estrema cura ed attenzione e se proprio la si vuole evitare una labilissima ed esposta traccia cinge il versante Sud -lato Grabiasca- con dubbia convenienza.
A voi l’ardua scelta in caso di ripercorrenza… occhio mi raccomando.
Sotto l’occhio vigile ma altresì preoccupato di Luca conquisto la vetta del secondo torrione e… mi accorgo che proseguire non sarà comunque una passeggiata tranquilla.
Luca è titubante e sinceramente, visto la pericolosità del passo, non mi sento di forzare la sua decisione.
Lascio libero arbitrio e Luca, saggiamente, decide di tornare.
A casa tiene famiglia.
Neppure io ho voglia di volare giù, intendiamoci, e dopo un breve briefing –urlato-  decidiamo che ci ritroveremo al Passo di Grabiasca.
Resto solo e alzo [di molto] il livello di concentrazione; la cresta, come spesso scritto, non è difficile ma scorbutica e dannatamente pericolosa.
Il collegamento tra il secondo e il terzo torrione è stata una scarica di adrenalina e l’ennesimo tratto affilato di roccia pessima ha dato fondo a tutta la mia esperienza.
Non osavo guardare verso il basso.
Altresì la discesa alla profonda breccia del terzo torrione s’è rivelata una bella rogna d’Orobia DOC.
La salita all’anticima del Grabiasca è stata un sollievo mentre il passaggio tra quest’ultima e la vetta vera e propria l’ho trovato dannatamente facile.
Dopo aver percorso quella maledetta cresta però!



Salendo al Calvi la Punta O.E. in un contesto di colori semplicemente spettacolare...


Transito dalla diga di Fregabolgia.
Un vento forte e gelido ci costringe a tirare dritti al Rifugio Calvi.
Meglio restare caldi e imbacuccati!


I tre torrioncelli posti sull'ostico tratto di cresta che tutte le relazioni dicono di evitare.
Da oggi avranno un nuovo nome: Torrioni di Reseda!
Sulla destra è ben visibile il primo "cimotto" insignificante.
La traversata quindi comprende: il Monte Reseda (completamente sulla destra e qui non visibile), questo cimotto, i tre torrioncelli, la Quota 2463 posizionata poco sopra il Passo di Grabiasca, l'anticima del Monte Grabiasca e la vetta vera e propria.
Volendo si può proseguire verso il Pizzo Poris, ma avendo già percorso quel tratto di cresta...


Roccia meravigliosa... Luca si diverte!


Il paradiso salendo verso i laghetti di Poris...


Lasciamo perdere il Monte Reseda, facile e per certi versi insignificante.
StartDancing.
La prima placchetta che sale alla prima protuberanza è strabella e di roccia SUPER!


I due paletti di legno sul primo cimotto.
Tra poco arriveranno i torrioni...


Guardate un po' che bel posticino abbiamo scovato.
Adesso arriva il bello... anzi il brutto. 
O meglio, il marcio. 
Eccomi al cospetto del primo torrioncello


La retta via!


Più si sale e più la roccia diviene delicata.
Che figata di posto però!


I giochi divengono interessanti e Luca... gioca!


Tratto stra-divertente seppur la roccia sia peggiorata.
Nel mentre della cavalcata ho buttato giù un po' di roba.
Neppure troppa però sennò, a furia di pulire, spianavo i tre torrioni!
Ambiente ed esposizione "simpatici"...


Luca vista la pericolosità del percorso decide di fermarsi per capire meglio la situazione...


Eccolo sul primo torrione a sfondo Cabianca e Fregabolgia in attesa di una mia decisione. 
Devo capire se riuscirò a proseguire...


In vetta al secondo scorbutico torrione di Reseda.
In primo piano la breve paretina friabile poco rassicurante (se rifate il giro fate MOLTA attenzione in questo tratto).
Luca non se la sente di affrontare questo passaggio e torna indietro.
Ci ritroveremo al Passo di Grabiasca.
Nessun ometto e nessun segno di passaggio "umano" sui tre torrioni m'han fatto presagire che da li passa pochissima gente...


Spettacolo di giornata...


Alcuni punti molto delicati e affilati non sono riuscito a fotografarli; ero troppo indaffarato e concentrato. 
Qui uno dei tratti più impegnativi: la discesa ad una breccia tra il secondo e terzo torrione.
Ho appoggiato leggermente sul versante meridionale ma non è stato comunque piacevole.
A destra e manca regnava l'abisso!


Dal terzo torrione tutto diviene -finalmente- dannatamente semplice. 
Ecco la Quota 2463 e il Monte Grabiasca...


Il terzo torrione con il ripido pendio disceso con cautela appoggiando sul versante del Calvi...


Sorpresa, i "Giganti orobici" sono imbiancati!


Il Monte Grabiasca dalla Quota 2463...


M'ha giusto aspettato al Passo di Grabiasca per festeggiare la buona riuscita della traversata.
Ma non doveva esserci Luca?
Mica avrà baciato un rospo?
Oppure il rospo ha baciato Luca?
Spettacolo a sfondo laghi Poris e Fragabolgia!


Questo vecchio chiodo all'inizio dello spallone del Grabiasca non l'avevo mai visto!


La vetta, propriamente detta, dall'anticima...


Luca si diverte nel freezer del Grabiasca...


La Conca del Calvi sprigiona bellezza da ogni singola rupe!


L'imponente vetta primaria del Grabiasca...


Un'altra bellissima avventura del tutto inaspettata. 
Stanco ma felice!


Residui nevosi donano un tocco invernale nonostante siamo in agosto...


Divertimento assicurato tra anticima e cima del Monte Grabiasca.
Mi piace un casino questa placca; tra canali N e N-W e varie traversate in cresta l'avrò percorsa una decina di volte!


Tutta la cresta percorsa. 
Un altro bel desiderio realizzato...


Raramente ho visto la cascata di Valsambuzza così bella!


Soltanto io posso avere amici deviati che vanno per monti con cravatte nello zaino!
Mi sa che ci risentiremo a settembre poiché necessito di spegnere il cervello per qualche tempo.
Ciao a tutti!





lunedì 8 agosto 2016

Pizzo di Coca - Spigolo Est


“È la più alta montagna delle Alpi Orobie, massiccia e di forme imponenti ma pur eleganti per tutti i suoi versanti, costituita, come tutto il suo massiccio, di scisti argillosi permiani.
Ha due sommità distanti parecchie decine di metri: la meridionale, quotata sulla carta, appena a N dell’incontro degli spigoli  S e SE, tutta sul versante seriano, e la settentrionale, sulla linea orografica principale, di elevazione appena minore”.In molti la chiamano Cresta Est mentre invece sarebbe più opportuno definirlo, come battezzato dai vari Saglio, Corti e Credaro: lo “Spigolo Est”.

Correva l’inizio di questo strano agosto 2016 e avevamo voglia di “giocare” verso Est.
Non su una Est normale, ma sulla Est del “Re”; una linea meravigliosa che, se osservata dal Rifugio Curò, trasmette in maniera chiara il senso avventuroso ed esplorativo proprio degli angoli più curiosi delle “belle Orobie”.
Nonostante sia stata inflazionata in maniera costante, particolarmente l’anno scorso, a noi mancava perciò l’idea è quasi sorta spontanea.

Ok, ok, sarò sincero.
Non è vero un cazzo di tutto ciò, perciò fate finta di non aver letto nulla!
Volete la verità?
Bene.
Da un po’ di tempo volevo realizzare “un’ideuzza malsana” di quelle che ultimamente mi vengono un po’ troppo spontanee: percorrere i quattro versanti del Pizzo di Coca nell’arco di poco tempo.
Nord – Sud – Ovest ed Est (odio gli 883 perciò non pensate neppure minimamente alla canzone).
I versanti Nord e Ovest notoriamente vanno percorsi durante la stagione “fredda” quando la neve ricopre i ripidissimi e arrischiati pendii sfasciumosi tipici dell’Orobia severa e, anche per questo motivo, li avevo rispettivamente saliti e scesi verso fine maggio 2016 al cospetto di un metro di neve maledettamente intonsa la quale aveva reso l’avventura indelebile e funambolica.
Ricordate?
Mancavano quindi il Versante Est e Sud.
Mancavano per l’appunto poiché giorno fa ho deciso di finalizzare l’idea.
La via scelta per il versante Est s’è concretizzata con lo “Spigolo” mentre per il versante Sud abbiamo scelto la via normale per un paio di motivi: per le condizioni meteo non proprio belle e perché siamo partiti da Valbondione per quello che s’è rivelato a tutti gli effetti uno scavalco del Pizzo di Coca.
Ho scritto “abbiamo” in quanto sono stato accompagnato da Filippo, con me sullo Spigolo Est, e Luca, salito in vetta dalla Bocchetta del Camoscio.
Insomma, un’altra bellissima avventura è stata messa in saccoccia!
Alcune info utili per la salita.
Innanzitutto basta una corda da 30 metri con un paio di friend medio-piccoli, tre rinvii e tre-quattro fettucce.
Nei punti più "ingaggiosi" troverete qualche chiodo mentre il caschetto è OBBLIGATORIO!
La via originale non è 100 metri prima del colletto, come scritto in molte relazioni “scrause”, ma bensì una trentina di metri prima.
Per essere sicuri di avere attaccato giusto troverete un paio di chiodi in loco dopo essere saliti una ventina di metri.
Raggiungere l'attacco è abbastanza semplice e intuitivo; superato il Rifugio Curò si sale in Valmorta fino a toccare il laghetto basso. Dal lago tramite traccia molto ripida, sentiero CAI numero 323, si perviene in una conca morenica ai piedi della Bocchetta del Camoscio. Si abbandona il sentiero e, svoltando verso destra, si punta alla breccia posta più a monte dello Spigolo Est.
Una trentina di metri prima del colletto, facilmente individuabile grazie ad una serie di massi incastrati che formano un oscuro camino, inizia la paretina.
La parete dell’attacco originale, a detta mia e di Filippo, è ben più bastarda del passo chiave di III° mentre la percorrenza dello spigolo non è mai obbligata. Più si sta sul filo, più la salita risulta interessante.
La qualità della roccia è quasi sempre buona e durante la prima parte dello spigolo qualche breve appoggio sul versante Nord potrebbe semplificare la progressione.
Un unico importante appoggio sul versante meridionale aggira l’orripilante e pericolosa torre finale, grosso ometto in loco.
L’ultimo tratto di cresta infine è qualcosa di dannatamente divertente!
P.S. Nella clip iniziale troverete scritto "Cresta Est" ma non è un errore bensì una cosa voluta per facilitare l'indicizzazione del filmato.
Come scritto nel titolo questo è lo "Spigolo Est".
Il finale di giornata poi...


La bella linea della Est vista salendo verso il naturale del Barbellino...


Una spettacolare aurora ci accoglie nei pressi del Curò...


Arditi stambecchi arroccati sulla diga del Barbellino.
Venite giù da li che è pericoloso!


All'imbocco della Valmorta...


L'ostica paretina di attacco da prendere una trentina di metri prima del colletto.
Molte relazioni dicono di attaccare un centinaio di metri prima del colletto salendo per prati "sporchi" di roccette ma così facendo si snaturerebbe la linea originale dello spigolo.
Il mio consiglio è di portarsi uno spezzone di corda e salire la linea originale.
Lassù s'intravedono due ragazzi di Sondrio con i quali faremo squadra fino in vetta!


Decidiamo di legarci col nostro cordino da 30 metri per superare il primo muretto decisamente non facile.
Ad un certo punto, viste le difficoltà e la roccia "orripilante", pensavamo di avere sbagliato...


Cresta di Valmorta, Diavolo della Malgina e Pizzo Cavrel dalla prima sosta!


Un vecchio chiodo ci rincuora facendoci capire che siamo sulla retta via. 
Ma la relazione? 
"Facile pendio di erba e roccette".
Questa è la linea originale!


Filippo al termine della cengetta ascendente che porta sullo spigolo, propriamente detto!


Il secondo vecchio chiodo trovato durante la percorrenza della cengetta.
Questo è bello vecchio e profuma di storia!


Eccolo il traversino più stronzo -e marcio- del mondo!


La bella cresta che unisce il Pizzo Cantolongo alle Cime di Cagamei...


La roccia migliora, finalmente inizia il divertimento!


Giuliano e Matteo, i due simpatici ragazzi di Sondrio conosciuti in loco, poco oltre l'uscita del primo non facile tratto...


Roccia buona e passaggi da cercare di volta in volta.
La percorrenza è molto discrezionale!


Salgono le prime nebbie nonostante sia prestissimo. 
I panorami oggi saranno miraggi inutilmente rincorsi!


Dopo essere salito a controllare scopro che si passa anche scalando questa pioda povera di appigli ma molto scenografica. 
La roccia è buona e saliamo slegati.
Penso sia un bel III°!


Tra Sperone Nord-Est e Cresta Nord...


Filippo attacca il passaggio chiave. 
Un muro verticale divertente e di roccia sanissima...


Solo per noi un'esclusiva finestra sul Pizzo Cantolongo!


Sul passo chiave. 
Volare giù da qui significherebbe raggiungere il laghetto basso di Valmorta in... due secondi. 
La nebbia mitiga l'abisso...


Il tratto chiave. 
Sinceramente abbiamo trovato più difficile l'inizio della cresta. 
Se fate caso a metà paretina è visibile un chiodo...


Barbellino in veste decisamente suggestiva...


La lunga ascesa continua tra diedri, canalini e placchette. 
Lassù un bel diedrino di roccia sanissima ci farà divertire ancora per un po'!


Un inedito colpo d'occhio in direzione delle Retiche. 
L'ultimo squarcio d'azzurro dopodiché sarà grigio fino in vetta...


Verso Sud le nebbie la fanno da padrona. 
Matteo e Giuliano arroccati sull'ennesimo torrione roccioso...


Fosse sempre così la roccia orobica sarebbe fantastico!


Profumi e... colori!


A tre quarti la paretina forse più bella e simpatica di tutta la cresta. 
Roccia davvero SUPER in questo frangente...


Fai un salto, fanne un altro.
Fai la giravolta, falla un'altra volta!


Dopo quello del Redorta ecco il bouquet del Pizzo di Coca!


Quando le tipiche nebbie d'Orobia hanno un loro perchè!


La vetta ci accoglie con un po' di azzurro; la giusta ricompensa dopo molta fatica!


Quasi alla Bocchetta del Camoscio.
Ormai è fatta!


Meravigliosa perla orobica...


Tutti i versanti del Pizzo di Coca nell'arco di poco tempo. 
Un altro piccolo desiderio realizzato.   
(Tanto)³ Happy!