mercoledì 22 agosto 2018

Monte Corte - Spigolo Nord

“Si distende tra il Passo del Farno e il Passo dei Laghi Gemelli e si presenta con imponenza dalla Valsanguigno, dalla Valcanale e dai Laghi Gemelli. È formato esclusivamente da sedimenti arenacei e conglomerati del Permiano”.

Il percorso dello Spigolo Nord aperto da A. Belotti e S. Calegari il 16 giugno 1957 non viene giustamente menzionato nella “bibbia” orobica per eccellenza: Alpi Orobie di Saglio, Corti e Credaro per ovvi motivi cronologici. L’anno di pubblicazione della sopracitata guida è difatti il 1956 e nessun itinerario impegnativo era stato dedicato al Monte Corte; tutti gli percorsi menzionati sono stati infatti classificati come “facili”.
La via, seppur breve, non è da sottovalutare e segue fedelmente lo spigolo; soltanto alla partenza del secondo tiro ci siamo spostati leggermente sulla sinistra scalando un diedro piuttosto impegnativo. Inoltre la cattiva qualità della roccia la rende adatta alle persone che hanno confidenza con una tipologia di terreno spesso infido.
E’ un itinerario avventuroso che potrebbe riempire una giornata trascorsa ai Laghi Gemelli specialmente durante le giornate con la meteo stabile soltanto durante le prime ore del giorno.
Nel corso dei primi giorni di dicembre 2008 e poco prima di iniziare la grande esperienza dedicata allo “Scrigno” venne pubblicato il mio primo libro dal titolo “Avventure e concatenamenti nelle belle Orobie – Appunti per scalare 130 vette”. Fu un’operazione totalmente solidale che portò i proventi delle vendite alla sezione di Bergamo della LILT (Lega Italiana per la Lotta Contro i Tumori).
Inutile dirvi che le 1500 copie stampate andarono esaurite in pochissimo tempo ed anzi a tutt’oggi ricevo continue richieste da persone che vorrebbero acquistarlo.
Sono molto legato a quella pubblicazione che senza chissà quali pretese ebbe un inaspettato nonché ottimo riscontro; da qui l’idea di riproporvi l’avvicinamento allo Spigolo Nord.
“Da Roncobello, paese raggiungibile percorrendo la strada della valle Brembana, si sale alla frazione di Capovalle, al termine della quale ci si immette sulla stretta strada -vedi indicazioni poste sul muro di un’abitazione- che in pochi chilometri raggiunge l’assolata prateria delle baite di Mezzeno. Sistemata l’automobile, in questi ultimi anni il transito è divenuto a pagamento, si inizia a percorrere il segnavia CAI numero 215 che, attraverso una comoda salita e dopo essere passato nelle immediate vicinanze di due baite (baita delle Foppe e baita Croce), guadagna l’ampio colle erboso del Passo di Mezzeno (2142m, croce in ferro, 1h dalla partenza).
I baluardi calcarei che corrono dalla Cima del Fop al Pizzo Arera, alle nostre spalle durante la salita, meritano uno scatto fotografico.
A questo punto Bisogna abbandonare il segnavia CAI numero 215, il quale scende verso il rifugio Laghi Gemelli, per immettersi verso destra, direzione Est, all’interno di un altro ben segnalato sentiero. Attraverso un percorso prevalentemente pianeggiante si guadagna, in soli 20 minuti, il Passo dei Laghi Gemelli (2139m, 1h 20m dalla partenza).
Dall’ampio valico seguendo sempre con direzione Est evidenti tracce coadiuvate da alcuni ometti e da svariati bolli bianchi si transita sotto la parete Nord-Ovest del Monte Corte giungendo infine al Passo Ovest di Valsanguigno (per taluni Passo del Farno)”.
La via è composta da quattro tiri di corda; in verità il quarto, in base alla linea che si vorrà seguire, può essere fatto in conserva!
Dal Passo di Valsanguigno raggiungere lo spigolo per facili balze erbose.
1° tiro: 25 metri salire sulla sinistra dello spigolo per fessure di roccia delicata e rossastra (più rosa che rossa) fino ad arrivare ad una balza erbosa con una buona spaccatura per fare sosta; un chiodo sulla placca rossastra e sosta da attrezzare (III-IV).
2° tiro: salire a sinistra della sosta tramite rocce rotte risalendo un diedro molto esposto fino a toccare un vecchio cordone in una clessidra/spuntone buono per proteggersi e successivamente salire verticalmente forzando la parete con un passo un po’ duro di IV ma su roccia compatta (in alternativa è possibile seguire il filo dello spigolo ma su roccia non troppo affidabile).
Proseguire su rocce ben appigliate fino ad un terrazzino sullo spigolo dove sostare (un chiodo in loco da rinforzare).
3° tiro: seguire il divertente diedro a destra della sosta lungo trenta metri pervenendo su di un comodo pulpito che segna la fine dello spigolo.
Da qui si può scegliere se salire la calotta terminale direttamente, in questo caso è consigliato fare un ulteriore tiro di corda, oppure proseguire in conserva tenendo inizialmente la destra per poi salire tosto alla vetta.
Bellissimo il panorama a 360° che spazia dalle Prealpi Bergamasche alle Alpi Orobie.
Per la discesa sussistono due possibilità: percorrere la facile anche se esposta Cresta Sud-Ovest, un solo passo in discesa su di uno spigoletto richiede un po’ di attenzione, tornando quindi al Passo dei Laghi Gemelli oppure cavalcando il più selvaggio crestone/settore Est del Monte Corte.
Scegliendo la seconda possibilità poco oltre la vetta si incontra l’ostacolo forse più impegnativo vale a dire
un salto abbastanza esposto a sfioro del III che andrebbe disceso con una breve calata a corda doppia (chiodo con maglia veloce in loco).
Oltrepassata siffatta difficoltà una seconda balza piuttosto ostica va scesa con cura, pochissimi metri di II+, per poi continuare lungo la dorsale alquanto dentellata ed esposta fino a guadagnare l’ultima cima della lunga costiera del Monte Corte quotata 2403 metri.
Da quest’ultima senza itinerario obbligato, un facile canalone si presta alla discesa, e traversando erti pendii erbosi cercando di non allontanarsi troppo dalle pareti meridionali del Monte Corte si rientra al Passo dei Laghi Gemelli.


Da un mio vecchio scatto fotografico lo Spigolo Nord del Monte Corte con la linea di salita.
Mister eleganza!


Dal Passo di Mezzeno la mattinata promette bene!


I Laghi Gemelli quest'anno sono in ottima forma.


Lo spigolo visto da vicino; studiamo più o meno da dove passare.


Già durante i primi passi i panorami sono ragguardevoli!


Start Dancing. 
I primi metri sono piuttosto delicati e richiedono parecchia attenzione.


Impegnato sui primi metri facili ma di roccia abbastanza brutta; la costante di oggi sarà proprio la cattiva qualità della roccia che renderà delicato il "balletto" tra gli appigli e gli appoggi!


La verticalità non manca e sinceramente pensavo fosse un po' più abbattuto. 
Davvero un bel posticino!


Prima sosta su chiodo, nostro, tolto alla ripartenza.
In via sono presenti 2/3 chiodi nei punti più critici. 
Un paio dovrebbero essere sulla placca verticale del secondo tiro che però noi non abbiamo visto poiché abbiamo scalato il diedro posto alla sinistra della paretina (passo difficile)!


La prima, anzi la seconda ad essere precisi, di tante prospettive inedite per il Laghi Gemelli.


La partenza scenografica del secondo tiro è bella sostenuta.
Esposizione direi che ne abbiamo!


Alle nostre spalle sempre il Pizzo Farno.
Qualcuno ci segue dalla vetta e penserà... "ma dove cazzo vanno quelli la"?!


Sul secondo tiro la roccia migliora sensibilmente seppur la verticalità non accenna a diminuire.
Esteticamente è davvero bello lo spigolo; senz'ombra di dubbio la via più logica che sale al Monte Corte!


Più ci alziamo e più l'orizzonte si amplia. 
Le previsioni non prevedevano una giornata così bella!


Bouquet veticale del Monte Corte alias... ma che spettacolo questo muretto!


Impegnato sul secondo tiro; il tratto più bastardo è stato superato e d'ora in avanti sarà solo divertimento! 


Vietato guardare verso il basso!


Prospettive inedite per la Valsanguigno e i vari Pradella, Salina, ecc.!


La partenza molto goduriosa del terzo tiro.
Un altro piccolo angolo d'Orobia è stato riscoperto!


Uno dei rari chiodi presenti in via.
La vista sulla conca dei Laghi Gemelli testimonia la bellezza dell'itinerario.


All'uscita dello spigolo la parte finale della salita.
Qui si può decidere se salire diritti, impegnativo, oppure traversare verso destra e poi salire tosto in vetta!


Visto che da qui non sale quasi nessuno si starà sicuramente chiedendo da dove stiamo arrivando!


E qui mi sono quasi commosso... una clessidra di Verrucano; un caso più unico che raro.


Senz'ombra di dubbio il più bel Monte Corte di sempre.
Garantito!


Riprendiamo lo spigolo sotto attenta osservazione della padrona di casa.


Uscita diretta in vetta da un caminetto molto verticale.
Buff... buff!


Salgono i primi cumuli ma tanto ormai manca soltanto la (facile) discesa!


Il finale più bello!



giovedì 2 agosto 2018

Traversata delle 6 Cime

Otto è il mio numero preferito, otto è il numero perfetto!

19 luglio 2018 ore 04:30
La notte è tersa e le stelle, consapevoli di quello che ci aspetta, ravvivano l’avvicinamento alla prima cima.
La temperatura è perfetta; tanto per intenderci non fa ne troppo caldo e neppure troppo freddo che, ok, a quest’ora non è un problema ma tra qualche ora potrebbe esserlo in quanto la “regina delle traversate orobiche” può concedere tutto, emozioni comprese, tranne l’acqua.
La Traversata delle Sei Cime è qualcosa che va oltre la concezione dell’alpinismo classico in quanto racchiude la pura essenza dell’avventura e dell’esplorazione.
Basti pensare che non si conoscono i nomi di coloro che l’hanno effettuata per primi!
Compierla in giornata inoltre può considerarsi una performance di tutto rispetto soprattutto se percorsa durante i giorni più caldi dell’anno.
100 mila volte avevo letto la relazione pubblicata su quel libro, più che un volume lo considero un gioiello, ormai introvabile intitolato “88 immagini per arrampicare” scritto da due mostri sacri dell’alpinismo orobico: Nino e Santino Calegari con Franco Radici.
Talmente introvabile che ho deciso di riproporvi integralmente l’introduzione.

“Bellissima cavalcata sulla cresta che collega le sei più alte vette delle Alpi Orobie.
Itinerario molto lungo che richiede un buon allenamento alla fatica prolungata ed una buona speditezza su terreno non sempre di rocce sicure (in modo particolare nei tratti da percorrere in discesa). Ad eccezione della discesa ai 2649 metri del Passo di Coca, il percorso è sempre sopra i 2800 metri in ambiente molto bello e selvaggio, soprattutto sullo scosceso e difficile versante valtellinese.
Itinerario non molto frequentato, a causa della sua lunghezza, ma che merita senza dubbio di essere meglio conosciuto da cordate allenate ed affiatate, con la garanzia di un’ascensione di piena soddisfazione”.

Ma torniamo a quel 19 luglio.
Fino alla vetta del Pizzo di Redorta saremo accompagnati da Marco, rifugista del Brunone, il quale merita menzione speciale per come ci ha “viziati” ieri sera al rifugio.
Giungiamo alla Vedretta di Redorta, il sentiero inizia poco sopra il Brunone ed è ottimamente segnalato quindi tralascio la descrizione, che il cielo sta iniziando ad accogliere l’aurora e calziamo i ramponi dato che la poca neve rimasta sulla vedretta s’è trasformata in una gigantesca lastra di ghiaccio.
Con passo spedito poco prima della Bocchetta di Scais imbocchiamo un canalino metà nevoso e metà marcio e dopo un breve tratto di cresta molto facile [finalmente] ecco comparire la piccola croce del Pizzo di Redorta (3038 m).
Sarà la prima della lunga serie!
Con grande stupore veniamo accolti da una fugace brezza e d’improvviso tutto si tinge di rosa; la magia dell’alba ammirata da 3000 metri lascia sempre senza parole.
Abbiamo soltanto un minuto per scattare qualche fotografia dopodiché salutiamo Marco e ci apprestiamo a scendere dalla Cresta Nord in direzione della Fetta di Polenta.
“Buona fortuna e buon proseguimento ragazzi”!
Con un filo di nostalgia Marco ci saluta rientrando dal canalino tornando alla sua mansione da rifugista.
Giungiamo alla Bocchetta di Scais velocissimi intravedendo le condizioni pressoché perfette della terminale.
Quando la terminale della Vedretta di Redorta non oppone resistenza significa che l’inverno non è stato malvagio perciò ci apprestiamo a salire il canale/diedro che con un paio di tiri di corda ci depositerà nei pressi della vetta della Fetta di Polenta (il canale/diedro si attacca scendendo alla sinistra della Bocchetta di Scais).
Il primo tiro è il più impegnativo poiché a metà bisogna superare un piccolo salto (III/IV) da proteggere. Superato questo breve tratto un po’ impegnativo si trova una fessura perfetta per sostare.
Dalla sosta si sale verso sinistra superando dapprima un muretto e in seguito una specie di rampa detritica culminante sulla cresta a pochi metri dalla vetta della Fetta di Polenta (2997 m).
Siamo in giro soltanto noi due e il silenzio impera nel cuore delle Alpi Orobie.
Dalla cima con facile percorso in discesa, soltanto un breve tratto bisogna appoggiare sulla sinistra per aggirare un piccolo “cupolone roccioso”, si raggiunge l’uscita classica del Canale Centrale di Scais e in seguito, aggirando sulla destra una marcata protuberanza rocciosa, si tocca l’intaglio alla base del Torrione Curò.
Si scala pertanto un camino ben visibile sulla sinistra e usciti poco più in alto bisogna portarsi sulla destra salendo il versante Est con itinerario non obbligato cercando di volta in volta il percorso su terreno non difficile ma che richiede attenzione (III, rocce faticose ed instabili).
Ed anche la “turrita cima” può dirsi conquistata!
Dalla vetta del Torrione Curò (3005 m) si scende qualche metro in direzione Nord fino a reperire la sosta per la calata lunga una ventina di metri che deposita alla profonda breccia al termine del Camino Baroni.
Dalla breccia si sale una prima ma breve paretina seguita da una crestina esposta culminante alla “liscia piodessa del Baroni”. Qui si hanno due possibilità; la più difficile consiste nello scalare la piodessa superando un breve passaggio di IV mentre la più facile aggira la piodessa sulla sinistra e risale una stretta incisione/camino (III) giungendo a pochi metri dalla vetta della Punta di Scais (3038 m).
Il colpo d’occhio della cima è straordinario!
Dalla Punta di Scais inizia il tratto certamente più delicato di tutta la traversata; si percorre in direzione Nord un breve tratto quasi orizzontale, un saltello difficile va aggirato sulla sinistra, per poi scendere decisamente piegando leggermente a destra imboccando una specie di canale che conduce ad un pianoro detritico “sospeso” una cinquantina di metri sopra la Bocchetta Meridionale di Porola.
Poco prima del canale è possibile calarsi da un ancoraggio presente in loco. Se le corde non dovessero bastare terminata la calata occorre traversare verso destra, faccia a valle, e poi scendere facilmente alla piccola spianata.
Una seconda calata su spuntone di una trentina di metri, sistemata da me e Yuri con un cordone verde, termina una ventina di metri sopra la Vedretta di Porola.
Fino a pochi giorni fa (20 luglio, nda) terminata la seconda doppia bisognava disarrampicare una quindicina di metri per mettere i piedi sulla vedretta mentre ora abbiamo creato un ancoraggio utile per compiere una terza calata in doppia (cordone arancione) per velocizzare il tutto.
Ribattete i chiodi e prestate attenzione alla terminale della Vedretta di Porola spesso insidiosa!
Giunti sulla vedretta ci siamo abbassati sul lato valtellinese traversando per 100-150 metri in leggera discesa fino ad individuare un pendio nevoso (30°/35°) sul lato occidentale della Cresta Sud.
Il pendio in alto diventa una paretina/canale che con passi di III conduce sulla Cresta Sud poco sotto il “cupolone” roccioso finale del Pizzo di Porola; la relazione a nostra disposizione descriveva un canale che saliva alla Cresta Nord perciò questa è senz'altro una variante interessante per rendere la traversata più logica.
Dalla vetta del Pizzo di Porola (2981 m) stando sul lato valtellinese e sfruttando una serie di cornici rocciose assai detritiche si scende alla Bocchetta Settentrionale di Porola e da quest’ultima, abbassandosi in direzione Est lungo pendii e canali friabili (attenzione!), si prende la cresta quasi pianeggiante che conduce nei pressi del Passo di Coca (2926 m).
La prima parte della cavalcata è indubbiamente la più faticosa e ingaggiosa ed è per questo motivo che molte persone interrompono la lunghissima traversata in questo punto.
In effetti il bello deve ancora venire!
Appoggiando quasi sempre sul versante di Coca, con bella vista sul vano di Arigna, la cresta dapprima tocca la poco significante Quota 2815, altresì denominata Punta Isabella in ogni modo evitabile restando bassi sul lato Ovest, dopodiché prosegue erta, esposta ed articolata fino a raggiungere la base del Dente.
A questo punto vi sono due possibilità per ascendere al Dente; la prima consiste nell’aggirare le rocce iniziali verso destra per poi entrare in un canalone che risalito fedelmente, stando a destra di un diedro inclinato, culmina al roccione finale della cima (tenere piuttosto la sinistra nella parte alta, alcuni bolli ad indicare il passaggio).
La seconda possibilità, sicuramente più alpinistica della prima, III ma con roccia migliore, sale per lo Spigolo Ovest (Via Castelnuovo).
Tralasciando alcuni ometti che tagliano verso destra portando nell’itinerario precedente, lo si attacca per un canaletto appena un po’ a destra, o meglio, lungo lo spigolo a sinistra e, per roccia buona si continua direttamente sul lato di Coca, presso lo spigolo (I-II).
Un breve
tratto di “piodesse”, seguito da un minuto diedro, viene vinto con difficoltà di III su terreno molto esposto ma di roccia compatta; una sosta e qualche chiodo di vecchio stampo in loco.
Si giunge quindi al ballatoio finale che cinge la sommità sulla quale si può arrivare con un po’ di sforzo superando un muro di roccia verticale con pochi appigli oppure o più facilmente girando in piano il ballatoio verso Sud-Est e volgendo a sinistra.
La vista dal Dente di Coca è semplicemente grandiosa e… siamo a quattro!
Dalla cima bisogna abbassarsi pochi metri in direzione Sud-Est fino a rintracciare alcune fettucce utili per la prima delle due calate a corda doppia; la prima di una ventina di metri mentre la seconda di una trentina di metri.
Terminata la prima calata è importante traversare a destra, faccia a valle, seguendo un vecchio cordino metallico ormai in disuso che va guardato ma non toccato! Alla fine del cordino è fondamentale scendere qualche metro verso Sud e tagliare dietro il filo di cresta (Nord) fino ad individuare la seconda calata in una nicchia (ignorare la calata attrezzata appena dopo il cordino metallico).
Raggiunta la breccia del Dente, ossia la ben marcata incisura determinata da frattura nella formazione scistosa che costituisce tutto il massiccio del Coca contraddistinta da un ritto monolito, si continua la delicata e affilata arrampicata tra roccia rotta e instabile (II, ma da affrontare con cautela).
Dalla vetta delle Cime di Arigna tenendosi preferibilmente sul versante seriano si arriva infine alla Bocchetta di Arigna.
Ora manca l’ultimo tratto che anche in questo caso dev’essere affrontato con piglio assolutamente prudente; senza percorso obbligato si scala la Spalla del Coca per poi scendere
fino alla bocchetta sotto la vetta settentrionale.
Dalla bocchetta risalire per qualche metro il ripido crinale, poi, facendosi quest'ultimo assai difficile, deviare a sinistra giungendo all'inizio della celebre traversa d’Arigna, ai piedi di una liscia ed esposta placca spiovente.
Quest’ultima va traversata in aderenza da destra a sinistra fino ad una fessura con alla base un grosso masso. Rimontare pertanto la bella fessura e toccare l’Anticima Nord del Pizzo di Coca.
Dall’Anticima Nord, o se preferite dalla “Punta d’Arigna del Pizzo di Coca”, alla vetta principale il percorso diviene facile e intuitivo.
Ad attenderci sul tetto delle Alpi Orobie, 3050, la classica croce in ferro con il libro di vetta.

19 luglio 2018 ore 13.30
Quasi incredulo stringo la mano a Yuri che guardando il Pizzo di Redorta esclama: “neppure troppo tempo fa eravamo la”.
Non ho nemmeno il fiato per rispondere… sono troppo stanco!
Nebbie minacciose avvolgono la vetta del “re” delle Alpi Orobie nel momento in cui il cielo prepara l’ennesimo temporale, ma ormai poco ci importa.
Mi inginocchio e riavvolgo mentalmente il nastro:
Pizzo di Redorta
Fetta di Polenta
Torrione Curò
Punta di Scais 
Pizzo di Porola
Dente di Coca
Cime di Arigna
Pizzo di Coca
Il nome della cavalcata è “Traversata delle Sei Cime” ma... otto è il mio numero preferito e otto è il numero perfetto!



Tralascio la facile salita al Pizzo di Redorta.
L'aurora cinge il Pizzo di Coca.
Nel primo pomeriggio saremo lassù!


Lo spettacolo dell'alba ammirata dal Pizzo di Redorta. 
Ogni sogno da realizzare necessita del giusto input!


Punta di Scais e Pizzo di Porola “d'aurora vestite”.
Saranno la seconda e terza cima della SUPER giornata.
Che mega viaggio che ci aspetta!


Yuri prepara il valico della terminale per agguantare la parete delle Fetta di Polenta.


Il canale/diedro che sale alla Fetta di Polenta con il passo di IV.
Buff... buff!


Uno sguardo verso il basso.
Ormai è chiaro: sono iniziate le danze!


L'ultimo saluto alla Fetta di Polenta.
Ora toccherà al Torrione Curò!


Inizia l'ascesa al Torrione Curò scalando dapprima un caminetto sulla sinistra.
Più sopra ci sposteremo sul versante Est.


In vetta al Torrione Curò.
Pochi istanti per immortalare e poi via veloci visto quello che ci aspetta!


La Punta di Scais sempre più vicina e il cielo sta schiarendo.
Goduria allo stato puro!


La bella e comoda calata in doppia per scendere alla breccia del Camino Baroni.


Il cupolone terminale della Punta di Scais.
Da qui in vetta sarà tutto più semplice!


Nel regno "precipite" della Punta di Scais!


Alle 08.00 siamo in vetta alla Punta di Scais con un cielo spettacolare!
Ma la strada sarà ancora lunghissima.


Il Pizzo di Redorta dalla Punta di Scais.
Arriviamo da la!


La piccola e storica croce dedicata al Mambretti.


La prima parte della Cresta Nord va disarrampicata con attenzione.
Oggi la testa dovrà funzionare al 100%; è vietato sbagliare... sempre!


Angoli di Alpi Orobie ai più sconosciuti.
La Punta di Scais piano piano si allontana!


La prima delle tre calate per velocizzare la discesa dalla Cresta Nord.


Il lato più bello e imponente del Pizzo di Porola.
Ma che spettacolo!


Quasi alla Vedretta di Porola.
Queste sono le Alpi Orobie che più amo; quelle che porto nel cuore!


La nostra linea di salita sicuramente più diretta dell'itinerario originale che dovrebbe salire più a sinistra.
La fotografia è di Paul Wright Testini!


Decidiamo di salire da un pendio che in alto diviene canale-camino di buona roccia (III?).


Scenari mozzafiato ci stanno accompagnando durante la lunga traversata.
Laggiù il piccolo occhio azzurro del Lago di Scais.


Durante la salita al Pizzo di Porola l’ambiente diviene “orobico DOP!
Qui la nostra variante al Pizzo di Porola!


Pizzo di Porola!
La terza delle sei cime.
Che giornata SUPER!


La Punta di Scais con la Cresta Nord da poco discesa vista dal Pizzo di Porola.
Ma la strada è ancora lunga.


Transito veloce dal Passo di Coca.
Qui molte persone interrompono la traversata visto la lunghezza dell'itinerario.
Inoltre la prima parte è bella tosta.
Presto che è tardi!


L'eleganza del Dente di Coca dalla Punta Isabella.
Tra poco inizierà il “secondo tempo” di questo mega viaggio!


Gran bella esposizione durante la salita al Dente di Coca; buttati che è morbido!


Un vecchio chiodo ad indicare la retta via.


Superato il Passo di Coca decidiamo di salire al Dente scalando lo Spigolo Castelnuovo; più impegnativo della normale ma di roccia sicuramente migliore.
Le cose vanno fatte bene oppure non si fanno.
:D :D


Sosta panoramica durante la salita allo Spigolo Castelnuovo.


Sulla vetta al Dente di Coca, la quarta delle sei cime, la stanchezza inizia a farsi sentire ma la soddisfazione è grande.
Forza... dai!


Impressionante il salto che s'intravede nel versante valtellinese.


La prima delle due calate a corda doppia per scendere dal Dente.


La piccola croce posta alla breccia del Dente di Coca.
Il tempo di uno scatto fotografico e di nuovo su!


In vetta alla penultima cima, siamo nel regno di Arigna, con l’inconfondibile forma del Dente di Coca.


Spigoli di roccia tagliente durante la traversata delle Cime di Arigna.
Ma che figata!


Il roccione dell'antecima Nord del Pizzo di Coca.


La storica "traversa d'Arigna" che va percorsa da destra a sinistra.
Qui vince l'aderenza!


Stanchezza direi che ne abbiamo!


Al termine della "traversa d’Arigna" si sale una bella fessura fino a toccare l’anticima Nord del Pizzo di Coca.
Le ultimissime difficoltà.


Nebbie minacciose avvolgono la vetta del “re” delle Alpi Orobie nel momento in cui il cielo prepara l’ennesimo temporale. Poco ci importa visto che ormai siamo alla fine e da qui in poi sarà tutto più semplice.
La regina delle traversate orobiche è stata compiuta e la discesa dal pizzo di Coca sarà una bella camminata!


La "Conca dei Giganti" con il disegno del grande viaggio percorso! 
Schizzo preso dal libro 88 Immagini per Arrampicare.
Ciao a tutti!