lunedì 27 giugno 2016

MariMonti... al lago!

Buonasera, una MariMonti per favore.
Ce chi la preferisce come pizza mentre noi lo preferiamo come concatenamento tra il Torrione del Cinquantenario e la Torre Cecilia; siamo sopra il Rifugio Rosalba in Grignetta.
Una scalata piacevole, al limite del IV°+ e ben protetta, laddove il colpo d'occhio vale sicuramente il... prezzo della pizza!
L'attacco dello Spigolo MariMonti inizia dal terrazzo della normale al Cinquantenario seguendo verso sinistra, faccia a monte, un'esile crestina che porta al Cecilia.
Si supera una la ma [molto] faticosa uscendo a sinistra e poi si sale mantenendosi alla sinistra dello spigolo su roccia ben lavorata e articolata.
Discesa in doppia dalla normale della Torre Cecilia con una calata lunga oppure due calate corte.
Le nostre passerelle non sono colorate di giallo ma salgono verso l'azzurro del cielo!
With me SuperFilippo.
P.S. Si chiama Spigolo Marimonti poiché i primi salitori furono: Pompeo Marimonti, Mauro Contini e Antonio Polvara il 21-11-1915.


Voce del verbo... concatenare!


Quella singolare finestra salendo al Cinquantenario...


Take me to the edge of heaven!


Impossibile non spiare almeno una volta in direzione di... "quel ramo del lago di Como"!


Un po' troppo "unto" ma comunque spettacolare...


L'impressionante parete "S" della Torre Cecilia vista dal Cinquantenario. 
La linea rossa è lo spigolo MariMonti...


Quant'è bello ammirare il Rosalba dalla vetta del Cinquantenario!


L'esposta calata dal Cinquantenario che garantisce un pizzico d'emozione agli spettatori non paganti del Rosalba!


La "Monachella", o Torrione del Cinquantenario che dir si voglia, incorniciata da umide nubi che diverranno temporale soltanto quando avremo i piedi per terra.
Che palle tutti sti temporali!


A fil di rasoio. 
Decisamente uno dei tratti più estetici del concatenamento...


Il passaggio chiave di tutta la via. 
Una lama leggermente strapiombante. 
Ci si deve appigliare alla roccia e spostare il peso a sinistra.
Io ho bestemmiato!


Spettacolo questo passo!


Il Rosalba dallo spigolo MariMonti mi mancava!


Vietato soffrire di vertigini...


Spunta l'impressionante e verticale Torre Costanza.
Ricordate la Via dei Camini?
http://maurizioagazzi.blogspot.it/2016/05/torre-costanza-via-dei-camini.html


L'ultimo tiro è sempre il più bello. 
Nonostante alle spalle ci sia il baratro!


Sotto attenta osservazione...


Filippo felice al termine della via...


In preparazione della discesa a corda doppia più scomoda del mondo...


In vetta alla Cecilia dalla MariMonti in un MareBianco di candide nubi!!!


Giungon altre persone...


L'ultima estesa panoramica dalla Cecilia con protagoniste le Grigne poco prima dell'ultima doppia...


Calata... appoggiata.
Ma anche no!


Il rientro al Rosalba per la meritata siesta!




lunedì 13 giugno 2016

Torrione del Pizzo delle Orobie

Col senno di poi posso tranquillamente asserire che il progetto delle 520 vette orobiche, oltre essere stato un vero e proprio viaggio di vita, s’è rivelata un’impresa senza precedenti.
Per questa ragione pubblicare tutte le vette scalate sarebbe stata un’impresa nell’impresa!
Però, nella vita c’è sempre un però, alcune vette secondarie si sono rivelate delle fantastiche sorprese… come nel caso del Torrione del Pizzo delle Orobie (2300 metri circa); un’ascesa nata per caso durante un’uscita tranquilla e senza pretese.
Non avendo trovato nessuna indicazione sulla via di salita diciamo pure che l’ascesa è stata un “gentil regalo del fato”.
L’avventura, si sa, è bella anche [e soprattutto] per questo.
“Cazzo Rob, va che bello quel torrione. Che ne dici se vado a dare un’occhiata”?
Soltanto dopo qualche il giorno Rob mi confessò che gli sudavano le mani nel vedere quel che stavo facendo.
Come non dargli torto!
Le difficoltà di salita non sono poi così elevate; un II° laddove la qualità della roccia richiede una buona dose di sangue freddo. Il torrione si trova tra il Pizzo delle Orobie e il Pizzo dell’Orto e la miglior via di salita --quella che vedrete in questo album- è la linea di cresta che collega il Pizzo delle Orobie all’omonimo Torrione.
L’esposizione è grande e non ammette distrazioni. 
Per questo motivo il mio consiglio è di salire con uno spezzone di corda assistito da qualche protezione veloce.
Ci sono varie possibilità di attacco salendo sia dal rifugio oppure, come nel mio caso, percorrendo la bella cresta che partendo dal Monte Spondone si spinge fin verso il Pizzo dell’Orto.
Il divertimento è assicurato.
Un ringraziamento particolare va al Mauri rifugista dei Laghi Gemelli e a tutto il suo staff in quanto ogni qual volta passo da loro non mi fanno mancare nulla.
Ebbene salite a trovarli giacché ne vale davvero la pena!



Il Torrione visto dal Pizzo delle Orobie...


Il versante più "scomodo" del Torrione.
Chissà mai che un giorno lo tasterò pure da questo lato!


L'alba bacia e abbraccia il Pizzo Arera...


Giochi di foschia, cielo e sole!


Click!


Monte del Tonale con Pizzo del Becco e, in basso a destra, la diga dei Laghi Gemelli!


Laghi Casere e Marcio dal Pizzo delle Orobie...


Comincia la sequenza della salita.
Trattenete il respiro...


Sequenza 1.
Una breve paretina all'inizio...


Sequenza 2.
Gradoni da salire con cura...


Sequenza 3.
Fine paretine...


Sequenza 4.
Un po' di tregua...


Sequenza 5.
Breve tratto in cresta.
E' severamente vietato inciampare!


Sequenza 6.
Nei pressi della paretina finale...


Sequenza 7.
Ultimi -espostissimi- metri...


Sequenza 8.
Vetta!!!


Sequenza 9.
Si torna con moooolta cautela...


Sequenza 10.
E' fatta!


La mia cavalcata continua ma -finalmente- con più tranquillità.
Raggiungo anche la vetta del Pizzo dell'Orto.
Riecco i laghi Casere e Marcio!


Riflessi nel laghetto della Paura.
Tra poco passerò a salutare il Mauri!




sabato 4 giugno 2016

Pizzo di Coca - Canale Nord/Ovest + Canale [Parete] Ovest

“E’ l’impresa di ghiaccio più nota delle Alpi Orobie”, scrissero i pionieri orobici nel 1950.

“Con pendenze che superano i 50°, chiuso in un ambiente selvaggio, il canalone si spinge verso il cielo per milleduecento metri di dislivello per terminare su una sella a pochi metri dalla cima valtellinese del Pizzo di Coca”, scrisse il buon Beno qualche anno fa.

Quello che m’appresto a raccontarvi è forse il “giro a scavalco” più piacevole e avventuroso che abbia mai compiuto sulle Alpi Orobie. Diciamo alla pari dello scavalco della Punta di Scais, ossia: Canale Centrale + Torrione Curò + Punta di Scais + Camino Baroni [report che trovate su questo blog].
Così, dopo lo scavalco del Pizzo di Redorta: Canale Tua + Canale Ovest e lo scavalco della Punta di Scais -leggasi sopra- finalmente sono riuscito a far mio anche lo scavalco del Pizzo di Coca da Nord; un piccolo desiderio che tempo bramavo e che per svariati motivi m’era sfuggito durante gli ultimi tre anni (ero impegnato nel concretizzare il mio grande progetto di vita).
In effetti quest’anno, anche grazie alle migliaia di metri di dislivello racimolate con gli sci ai piedi, sentivo che quel piccolo desiderio poteva avverarsi pertanto, dopo svariati pensamenti e ripensamenti legati principalmente alle condizioni della montagna [il giro non è assolutamente da sottovalutare] e alla disponibilità del compagno, il 28 maggio una breve finestra di bel tempo… al posto di azzerare i dubbi li ha ampliati.
A dismisura.
“Sabato ultimo giorno di bel tempo –recitavano i bollettini meteo- ma attenzione alle temperature che potranno toccare i 30 gradi”.
Per la cronaca quel sabato era il 28 di maggio; l’ultimo giorno di bel tempo per… moltissimi giorni.
Buttarsi in un canalone con uno sviluppo di più di 1000 metri per  poi scendere da una parete di almeno 800 metri con temperature alte non è affatto buona cosa ma tuttavia c’era un piccolo alleato: i versanti!
Il grande Nord per la salita e l’Ovest per la discesa.
Per essere precisi il canale Nord-Ovest da ascendere e la parete Ovest da discendere.
Tuttavia i dubbi continuavano ad essere enormi, soprattutto dopo aver letto i bollettini nivometeo di quel sabato: “pericolo valanghe 2 [moderato] in aumento a 3 [marcato] durante le ore diurne. Scaricamenti spontanei potranno avvenire un po’ ovunque”.
Che fare?
Tentare o non tentare?
Giocare o tralasciare?
Belle domande.

“Ciao Peppuzzo, che ne dici se saliamo a 2000 metri e valutiamo la situazione? 
Le gambe in questo periodo girano bene e la testa sussurra che si potrebbe tentare!
Magari venerdì sera/notte andiamo al Bivacco Resnati (Arigna – Sondrio) e vediamo com’è messa la montagna.
Anzi, il Re”!

Peppo è quattro mesi che non mette piede in montagna ed è assolutamente all’oscuro della mia idea malsana (!!!); gli dico solamente “dai dai, andiamo su a vedere e se le condizioni fanno cagare si torna a casa. Mal che vada ci spariamo una notte a 2000 metri che con questa prematura caldazza non è proprio malaccio”.
Vi lascio intuire la sua risposta.
Le gallerie della Lecco-Colico, maledizione le avrò fatte ormai centinaia di volte, scorrono noiose ma veloci e alle 17.30 eccoci al parcheggio nei pressi della Centrale di Armisa.
Tutto bello si, ma la “caldazza” che ci accoglie appena scesi dall’auto non promette nulla di buono.
Quasi superfluo scrivere che durante la salita al bivacco Resnati dalla mia fronte scorrono litri di sudore.
Porca puttana, penso, fino a qualche giorno fa tutto era perfetto mentre adesso… cazzarola quasi 25 gradi a 1000 e passa metri.
Non va bene.
Per niente.
Il bivacco ci accoglie quasi al giungere del buio e la breve cena lascia spazio alle pochissime ore di sonno; un effimero sonno tormentato da mille dubbi.
La sveglia “bussa alle porte del sogno” verso le 4.30 ma la voglia di tirarsi su dalle brandine è pari a zero.
Il solito silenzioso rito di vestizione, un succo accompagnato da qualche biscotto e i ramponi che stancamente abbracciano gli scarponi dissolvono gli ultimi dubbi.
Ma anche no, visto che quando apriamo la piccola porta del bivacco capiamo che il rigelo notturno ha scelto d’abitare altrove.
Un breve sguardo silenzioso e la decisione è presa.
Si va!
Il resto dell’avventura?
Be dai… lasciamola raccontare agli scatti fotografici!

Solo qualche cenno sullo sviluppo e sulle difficoltà.
Innanzitutto abbiamo tribolato e non poco per colpa delle brutte condizioni del manto nevoso; niente rigelo notturno e neve non portante sulla cresta finale. Per questo motivo tornare dalla Nord sarebbe stata una "roulette russa" e la scelta di scendere dalla parete Ovest è stata quasi una scelta obbligata.
Il canalone intorno ai 2450 metri, nei pressi del caratteristico isolotto roccioso, svolta a sinistra per poi salire "sparato" fino al colletto posto poco sotto la vetta valtellinese.
La pendenza verso l'uscita arriva tranquillamente a 50° e l'uscita se non c'è rigelo risulta un po' problematica poiché bisogna fare un traverso molto esposto sul lato della Valmorta [pericoloso in caso di neve non portante] per raggiungere la vetta valtellinese -battezzata moltissimi anni fa da Bruno Galli Valerio "Punta d'Arigna del Pizzo di Coca-.
In questo punto, tra le altre cose, pure i primi salitori dubitarono... sbagliando.
Tra l'anticima e la vetta v'è un brevissimo passaggio spesso roccioso da disarrampicare con attenzione, max II°, seguito da una spettacolare e affilata crestina nevosa.
Il colpo d'occhio soprattutto se invernale della vetta, ma cosa ve lo dico a fare, è qualcosa di spettacolare ed il rientro, in caso di abbondante innevamento, è assai sconsigliato farlo dalla via normale.
Noi ci siamo divertiti un sacco, specialmente durante la mega ravanata per risalire al Passo di Coca e... si, il mio piccolo sogno dei tre scavalchi sugli altrettanti tre "Giganti" orobici s'è realizzato!



Da un mio scatto, fatto a marzo dal Pizzo di Rodes salito con gli sci ai piedi, la Nord del Pizzo di Coca con la nostra linea di salita...


Dal Pizzo di Redorta, salito dal Canale TUA un paio di anni fa, la parete Ovest del Coca con la nostra linea di discesa...


Lo zaino pesa moltissimo e qualche scatto fotografico mitiga la stanchezza.
Questo, il transito da Prataccio...


E' quasi sera.
Il lento -e spettacolare- avvicinamento al Resnati...


Al Bivacco Resnati, piccolo ma efficiente.
Tra non molto sarà buio, tra non molto l'avventura busserà alle porte del sogno...


Giusto l'essenziale per ricaricare le batterie in previsione di una giornata faticosissima...


Particolari...


All'interno soltanto una tenue candela a "tenere accesa" la breve serata...


Ore 05.00.
Superato il caratteristico isolotto roccioso le pendenze aumentano e il respiro si fa roco.
La neve brutta rallenta un po' l'andatura ma mi sento bene e comincio a viaggiare come un treno.
Sarà, ma i numerosi 2000 metri di dislivello di quest'inverno fatti con gli sci ai piedi stanno portando buoni frutti!


Verso la parte alta l'ardito e slanciato Dente di Coca fa bella mostra di sè...


Peppo nella parte medio-alta conteso tra Bernina e Disgrazia...


La neve "sfondosa" rallenta il passo ma come dicevo poc'anzi oggi mi sento proprio bene...


Più si sale e più l'orizzonte regala colpi d'occhio semplicemente meravigliosi...



I dubbi (per ora) hanno lasciato posto alle certezze.
L'uscita è spettacolare... sempre che quel cornicione resti su ancora un'oretta!


In cerca della retta via.
La neve purtroppo è brutta e rende delicato qualsiasi piccolo spostamento.
Siamo indecisi se continuare o tornare... soprattutto perchè la discesa non sarà proprio una passeggiata.
Le temperature sono già alte e un'eventuale proseguimento significherebbe rientrare da un altro versante - troppo pericoloso scendere da qui.
Ne trarrebbe vantaggio il giro a scavalco che da tempo bramavo.
Peppo si fa coraggio e parte... restiamo slegati poiché un'eventuale scivolata coinvolgerebbe anche il compagno (c'è davvero poca roba per poter fare una sosta decente).
Che ambiente superlativo però!


Primo contatto con i "Giganti" Scais e Redorta, scavalcati dal versante visibile in questo scatto non molto tempo fa...


Impegnato poco prima del traverso espostissimo verso la cima valtellinese.
Con buona neve sarebbe tutto dannatamente più semplice e meno pericoloso.
Ogni passo una scivolata, ogni passo un mezzo infarto!


Peppo nei pressi della "Punta d'Arigna del Pizzo di Coca", l'anticima del "Re" battezzata con questo nome moltissimi anni fa da Bruno Galli Valerio...


Tanta fatica ripagata.
Alla grande.
Siamo felici ma nello stesso tempo consci che da Nord difficilmente potremo scendere.
Anche questo tratto in cresta, bello affilato, non sarà tranquillo.
Maledetta "caldazza" che ha reso instabile la neve...


La breve e simpatica paretina da disarrampicare tra l'anticima e la vetta (foto presa dal cellulare perchè quella fatta con la digitale è uscita sfocata).
L'unico punto in cui abbiamo utilizzato uno spezzone di corda... 


Un tenue mare di nuvole sulla parte finale.
Che spettacolo!


Finalmente intravedo la croce semi sommersa dalla neve.
Lancio un URLO di gioia!


Dalla vetta il Peppo "gioca" sulla cresta con alle spalle l'anticima valtellinese.
O se meglio preferite: Punta d'Arigna del Pizzo di Coca!


Tanti, anzi moltissimi dubbi, spazzati via dalla felicità.
Oggi il Pizzo di Coca è tutto nostro.
TUTTO NOSTRO!


Attimi che resteranno per sempre impressi...


Inesorabile avanza la "linea del purgatorio".
Neppure mezz'oretta e qui sarà il regno delle nebbie.
Che culo!


Uno scatto che non ha prezzo!
:D


Pochi ma delicati metri prima di "buttarci" nel budello della Ovest.
La neve fa veramente cagare e le antenne resteranno alte ancora per un bel po' di tempo...


Il "Re" vestito con l'abito più bello a giugno.
O se meglio preferite il mio nuovo sfondo del "DeskTop"!


Strane ombre protese verso il Dente di Coca...


Traversi poco rassicuranti sui pendii alti della Ovest...


Durante la discesa si ride e si scherza anche se è vietato sbagliare.
La neve non portante permette poche distrazioni...


Verso il basso un bel saltone di almeno 500 metri!


La discesa è lunghissima; d'altronde sono 800 metri di parete...


Sul traverso canale più bastardo del mondo la neve sembra purea.
E "pure io ho la purea"... al culo"!


Dai che ormai siamo fuori.
Nord + Ovest, un sogno che si sta realizzando!


Sui ripidi pendii della Vedretta del Lupo.
Quest'oggi non ci siamo fatti mancare proprio nulla...


Ultimi traversi per rientrare al Resnati e recuperare il materiale lasciato in mattinata...


Recuperiamo il materiale, puliamo e salutiamo!


E' stata una delle giornate più faticose ma remunerative di sempre.
Soprattutto con quel mega zaino sulle spalle! 


Il finale più bello.
Che avventura, che viaggio ma soprattutto che felicità.
Grazie Orobie!!!