giovedì 25 ottobre 2018

Monte Valletto - Spigolo Nord

Unire l’utile al dilettevole.
Nel corso dei miei progetti questa frase ha spesso scandito l’essenza della grande (ri)scoperta dedicata alle Alpi Orobie.
L’utile: da quasi 10 anni è diventata consuetudine la giornata Unicef organizzata in collaborazione con il CAI Alta Valle Brembana. In pratica verso fine settembre guidiamo a scopo didattico circa cinquecento ragazzini, in alcune annate ne abbiamo avuti anche mille (!), nei dintorni del Passo San Marco.
Terminata la giornata tutti i ragazzini firmano un bandierone gigantesco che in seguito viene simbolicamente posato sulla di una vetta ogni anno diversa. Ebbene quest’anno la scelta è ricaduta sul Monte Valletto: “sorge a Sud-Est del Monte Ponteranica Centrale e da esso si dirama una costiera che, dopo essersi distesa nei Piani dell’Avaro, separa la Val Mora dalla Val di Salmurano.
La cima si presenta con una bella parete Nord-Ovest e piomba ad Est con un accidentato versante, munito di contrafforti e di torrioni, che dominano la conca dei Laghi di Ponteranica. Sulla denominazione vi è una grande confusione perché dai valligiani la cima viene indicata talvolta come Monte Ponteranica, mentre il toponimo di Monte Valletto viene dato alla Quota 2269, sua spalla occidentale”.
Dopo aver raccontato l’utile passiamo al dilettevole.
Notoriamente e per difetto della sua natura prettamente bucolica il gruppo del Ponteranica non offre molte opportunità alpinistiche. A tal proposito vi dono in anteprima l’introduzione dedicata al sopracitato gruppo che, speriamo, prima o poi verrà pubblicata nel mio secondo libro.

“Tra il Passo di San Marco e il Passo di Salmurano si origina il piccolo gruppo del Ponteranica formato dalle aspre e omonime cime e dal peculiare roccione del Monte Valletto, gendarme silenzioso sorvegliato da due torri ardite e slanciate: il Torrione Innominato e il Torrione Pasquini.
Come tutti i gruppi delle Alpi Orobie anche quello del Ponteranica è costituito da cospicui contrafforti che si spingono in direzione Nord separando la Valle del Bitto d’Albaredo dalla Valle di Bomino e dalla Valle del Bitto di Gerola.
Le vette più alte sono quelle più visitate mentre il resto dell’insieme è composto prevalentemente da sommità dal sapore più escursionistico che alpinistico.
Si parte con la larga cima del Monte Verrobbio seguita dal dorsone tondeggiante del Monte Colombarolo per poi continuare con le tre vette del Ponteranica: Orientale (2378 metri), Centrale (2372 metri), Occidentale (2370 metri, spostata verso Nord), la Cima di Pescegallo e il Monte Valletto (anticamente denominato Cima di Salmurano).
Tra i contrafforti settentrionali degni di menzione troviamo quello che si distacca dal Monte Verrobbio verso il Pizzo di Valcarnera, il Dosso Cavallo e il Pizzo Berro e quello che prende origine dal Monte Ponteranica Orientale, formando la Cima di Larice e la Motta.
 La parte meridionale è invece formata da alcune cime modeste come il Triòmen e il Mincucco le quali si affacciano sull’assolata conca dei laghetti di Ponteranica”.
Uno degli obiettivi del 2018 è stato riscoprire questi piccoli angoli (di paradiso) ai più sconosciuti pertanto l’equazione è sorta spontanea: raggiungere la vetta del Valletto dallo Spigolo Nord per poi posare la bandiera Unicef con gli amici del CAI Alta Valle Brembana.
Il tutto con la preziosa collaborazione di Filippo.
21 ottobre 2018
Parcheggiata PandOrobica ai piani dell’Avaro ci incamminiamo assonnati in direzione della Bocchetta del Triomèn (sentiero 109A). Il sussulto, ma forse sarebbe meglio scrivere la sveglia, sarà scandita ancora una volta da un’aurora che definire stre.pi.to.sa. non renderebbe comunque l’idea.
Giunti alla Bocchetta del Triomèn senza abbassarci troppo tagliamo i pendii della Quota 2309, per alcuni denominata Monte Tribortoi, giungendo alle pendici del Monte Valletto dove si presentano due possibilità: salire direttamente all’attacco dello spigolo sfruttando un ripido pendio erboso oppure, dopo aver raggiunto la seconda breccia che si apre alla destra dello spigolo… quella successiva al ripido pendio erboso, scollinare in Val Gerola per una cinquantina di metri e successivamente montare una caratteristica “gradinata rocciosa” culminante all’attacco dello Spigolo Nord.
Una delle peculiarità del Monte Valletto è rappresentata dalla base del versante Nord costituita da una serie di placconate e spalti rocciosi per certi versi unici.
Questa seconda alternativa è indubbiamente più entusiasmante della prima perciò… abbiamo scelto di attaccare lo spigolo da qui.
Giungiamo ai piedi della gradinata rocciosa osservati da un paio di stambecchi che quasi ci lapidano… maledetti bastardi!
Le placconate della gradinata sono facilmente riconoscibili in quanto peculiari e di ottima roccia; salendo noi ci siamo divertiti “un tot” superando il primo saltello sfruttando un muretto alla sua sinistra (II) e poi, dopo esserci spostati sulla destra attraverso una comoda cengia, vincendo un secondo balzo scalando una fessura/camino con uscita in stile atletico (II+?).
Proprio durante questo passo sul display del cellulare compare il nome di Andrea: “dove siete Aga? Noi siamo in cima e se volete vi aspettiamo per la posa della bandiera”!
“Maledizione, rispondo, alla fine abbiamo deciso di attaccare dalle placconate Ovest e non siamo ancora arrivati all’attacco dello spigolo”!
“Non so quanto ci metteremo, continuo, perciò posate pure la bandiera senza noi due”.
Mi sento afflitto e per una delle rarissime volte non riuscirò ad unire l’utile al dilettevole ma la sicurezza, soprattutto quando si percorrono queste vie di stampo pionieristico, dev’essere requisito fondamentale.
Repetita iuvant: la sicurezza è fondamentale!
Ma torniamo a noi.
Il primo ripido pendio alla partenza dello spigolo, per la verità facile e prettamente erboso, lo vinciamo dal versante bergamasco salendo un comodo canaletto seguito dalla prima vera difficoltà della salita: un muretto verticale espostissimo di pessima roccia.
“Ma sei sicuro che si sale da qui?”, esclama Filippo.
Visto che relazioni di questa ascesa ne ho trovate zero sinceramente non lo so, penso tra me e me, ma per tranquillizzarlo utilizzo la (mia solita) tecnica dell’auto convinzione: “certo che si, rispondo, non vedi com’è bella gradonata la parete?”.
Apro una parentesi: l’itinerario di salita allo Spigolo Nord non è menzionato nelle “bibbia” delle Alpi Orobie, ossia quel capolavoro intitolato “Alpi Orobiè” scritto da Saglio, Corti e Credaro e la prima percorrenza appartiene quasi certamente ai fratelli Nino e Santino Calegari (nel 1956).
Chiudo la parentesi.
Dopo aver creato una sosta su friend(s) Filippo fa spallette e parte deciso. Il muretto non è particolarmente impegnativo, pensiamo un buon II con sfumature fin verso il III, ma è verticale e la roccia non lascia spazio ad alcun errore.
Tutto suona sordo, ed ogni appiglio tirato è come sfogliare i petali di una margherita.
 Tiene… non tiene… tiene… non tiene… TIENE!
Siamo convinti che l’instabilità della roccia di questa prima parte sia il verso ostacolo della scalata e difatti il resto sarà goduria allo stato puro.
Proprio in questo istante, a nostra insaputa, veniamo immortalati dal basso dagli amici del CAI Alta Valle Brembana e gli scatti fotografici di Marco racconteranno al meglio l’essenza di questa nuova avventura.
Giunti ad un buon punto di sosta ripartiamo spostandoci leggermente sulla destra salendo per roccia ancora delicata ma tutto sommato gradonata (II); lo spigolo sale sempre logico ed è difficile sbagliare.
Il mio consiglio è di fare due/tre tiri cortissimi per privilegiare una progressione lenta ma sicura.
Da un secondo punto di sosta decidiamo di continuare la percorrenza integrale, non fatevi ingannare da una cengetta erbosa che corre bassa da destra verso sinistra, superando un breve tratto affilatissimo (figata esagerata!) seguito da un muretto di puro sballo orobico!
Gli ultimi metri sono talmente facili e appoggiati che mi rifiuto di descriverli.
Giungiamo in vetta accolti dal silenzio e da tanta, ma proprio tanta, bellezza. L’orizzonte in direzione della pianura è dominato dal mare di nuvole mentre i monti adiacenti sono chiaramente vestiti con l’abito dell’autunno.
Intorno è tutta un’esplosione di colori, sensazioni e profumi.


Sulle ali dell’entusiasmo decidiamo di spingerci fino al Rifugio Benigni dove ad attenderci ci sono i nostri del CAI e con un pizzico d’orgoglio raccontiamo l’ascesa contribuendo, seppur in maniera marginale, alla prosecuzione della giornata dedicata all’Unicef.
Ma si dai; alla fine siamo riusciti ad unire mezzo utile al dilettevole!
:D
Il rientro ai Piani dell’Avaro con lo zaino pesante, per non dire pesantissimo, sarà pura goduria e la sensazione di aver riscoperto un altro d’Orobia ci riempie gli occhi di gioia.
“Con te le Orobie non hanno più segreti”.
Un’ultima frase pronunciata da un escursionista mi apre il cuore; mai e poi mai avrei pensato di raggiungere "vette" tanto ambite!


Il Monte Valletto dal Ponteranica Centrale con la nostra linea di salita.
Da troppo tempo ambivo a quella linea!


Se il buon giorno si vede dal mattino probabilmente sarà un'ottima giornata!


Il Ponteranica con i laghetti omonimi alle prime luci del giorno.


L'esplosione del sole ci sveglia una volta per tutte!
Attimi preziosi per sensazioni indelebili.


La freccia rossa indica la bocchetta utilizzata per scendere in Val Gerola e successivamente risalire dalla "gradinata rocciosa" all'attacco dello spigolo.


All'imbocco della grande gradinata rocciosa.
Questo angolo di Valletto è quasi stupefacente!


Il primo saltello della gradinata lo superiamo appoggiando su un muretto del lato sinistro.
Divertimento allo stato puro.


Alle nostre spalle la Val Gerola d'autunno vestita.


La comoda cengia che porta al secondo salto della gradinata.


Spuntano i Ponteranica Centrale e Occidentale.
Buona parte dell'estate l'ho dedicata alla riscoperta di questo piccolo angolo di paradiso!


La fessura/camino con uscita in stile atletico del secondo saltello.


Torrioncello estetico all'attacco della Cresta-Spigolo Nord.


Sul primo facile risalto a sfondo laghetti di Ponteranica.


Dopo aver creato una sosta su friend(s) Filippo fa spallette e parte deciso. 
Il muretto non è particolarmente impegnativo, pensiamo un buon II con sfumature fin verso il III, ma è dannatamente verticale e la delicatezza della roccia non lascia spazio ad alcun errore.


Più saliamo e più le bellezza prende possesso del tutto!


Un breve risalto verticale prima del punto più affilato dello spigolo.
Non pensavamo di divertirci così tanto!


Ripresi dal basso alle prese con lo Spigolo. 
Foto di Marco Caccia.


L'ennesima finestra inedita di una stagione da ricordare.


Esposizione ne abbiamo?
Più che una cresta sembra proprio uno spigolo; da qui la decisione della denominazione "Spigolo Nord".


Muretto finale che definire splendido non renderebbe comunque l'idea.
Che spettacolo!


Sullo spigolo di sinistra è ben visibile Filippo. 
Foto di Marco Caccia!


 Gli ultimi metri sono sempre i più belli!


Giungiamo in vetta accolti dal silenzio e da tanta, ma proprio tanta, bellezza. 
L’orizzonte in direzione della pianura è dominato dal mare di nuvole mentre i monti adiacenti sono chiaramente vestiti con l’abito dell’autunno.


Da oggi ti guarderò con occhi diversi; felici!


Selfie(sss) da BimbiMinkia (Tanto)³ happy!


 L'ultimo scatto... chissà mai che ci vedremo anche quest'inverno.


A quanto pare nel Week End arriverà la neve e con ogni probabilità questo sarà l'ultimo scatto di un'altra stagione dedicata alle "belle Orobie"!


lunedì 15 ottobre 2018

Diavolo di Tenda & Diavolino – Traversata

“Bellissima montagna dalle forme armoniche di piramide regolare con quattro creste e quattro pareti ben individuate, punto estremo di connessione delle Valli Seriana e Brembana, innestata alla cresta principale per il suo spigolo settentrionale.
Per la sua posizione isolata ed estranea alla catena, gode di un amplissimo giro d’orizzonte.
La via di accesso abituale, facilissima, è molto frequentata; le pareti e le creste offrono itinerari interessanti e a volte difficili.
La cresta meridionale si solleva nella sua parte inferiore con una piccola ed elegante piramide dalle forme che ricordano il Pizzo, conosciuta col nome di… il Diavolino.
Con questo nome è normalmente nota la piccola e raffinata piramide che sorge immediatamente a SSE del Pizzo del Diavolo, alla cui cresta meridionale si può quasi ritenere appartenga.
Il Diavolino costituisce il pilastro settentrionale del Passo di Valsecca e il suo nome deriva dalla somiglianza di forma con il vicino maggiore e noto monte, talvolta però si è equivocato, chiamando questa elevazione col nome di Tendina, nome, questo, dei modesti denti che sorgono piuttosto lontani in basso, a oriente, sulla sponda sinistra della Valsecca”.

09 ottobre 2018
Le ottobrate solitarie e inaspettate mi son sempre piaciute; parto da casa alle 04:00 senza una meta precisa e l’idea mi viene sussurrata dal freddo abbraccio della notte!
La stagione appena trascorsa è stata inoltre una delle più fruttuose degli ultimi anni in quanto contrassegnata da poche ma buone, per non dire ottime, ascese.
La Traversata delle 6 Cime, indubbiamente la ciliegina della grande torta dedicata alle Alpi Orobie, lo Spigolo Nord del Monte Corte, la Via Messa con lo Spigolo Ovest alla Cima di Caronno, la parete Sud della Cima di Ponteranica Occidentale, il Canale Bonomi alla Punta di Scais, la via “Fior di Montagna” alla Cima di Pescegallo e lo Spigolo Sud al Pizzo di Coca, sono tutti (piccoli e grandi) viaggi che conserverò tra i ricordi più belli.
Tuttavia c’è una cavalcata considerata una super classica delle Alpi Orobie, la traversata che unisce il Diavolino al Diavolo di Tenda, che volevo percorrere da solo per chiudere in bellezza questa stagione indimenticabile e, siccome il sottoscritto è stato concepito al contrario (!), l’idea di “ribaltare” i Diavoli è nata spontanea: non salire da Diavolino quindi ma… scendere.
In poche parole: la traversata dei Diavoli fatta in senso inverso!
Ebbene posso dirvelo?
Mi sono divertito un casino!
Tralascio l’itinerario poiché ultimamente la traversata è stata bollata, in pratica hanno annientato la componente avventurosa della cavalcata orobica per eccellenza… ma ce n’era proprio bisogno?!?!?, mettendovi in guardia sulla grande esposizione “godibile” nei tratti di discesa dal Diavolo alla breccia posta tra le due cime e dal Diavolino al Passo di Valsecca (scendendo i bolli risultano quasi invisibili perciò potete divertirvi cercando il passaggio più idoneo alle vostre capacità).
Non è difficile, bisogna sapersi muovere su una tipologia di terreno prettamente orobico con passi di II grado spesso da disarrampicare, ma è assolutamente vietato sbagliare!
Partito col buio da Carona e rientrato con gli occhi pieni di bellezza… speranzoso che la “dama bianca” torni presto a vestire le belle Orobie col suo candido vestito.
 Ne abbiamo (hanno) bisogno!


Incamminarsi con la frontale nel buio della notte ha sempre un suo fascino.
D'altronde ormai le giornate sono corte! 


Il passaggio a Pagliari nel silenzio più assoluto.
In tutto il giorno non vedrò alcun essere umano!


I Diavoli durante le prime ore del giorno.
Tratti in rosso: la salita mentre le linee verdi rappresentano la discesa. 


Un Rifugio Longo stranamente silenzioso.


La (a)tipica forma del Pizzo Rondenino; quest'estate sono stato anche lassù!


Appena in tempo per godermi il panorama!
E' incredibile come a metà ottobre le giornate abbiano ancora connotati tipicamente estivi.


Subbuglio InDiavolato!


La prima parte di discesa dal Diavolo è molto facile.
Che il divertimento abbia inizio!


Finestra sulla Val Camisana.


Tratto un po' ostico della discesa alla breccia tra Diavolo e Diavolino.


Spettacolare il "Diavolone" dal Diavolino. 
Arrivo da lassù!


Giunto sul Diavolino una breve schiarita mi regala uno scorcio insperato.
La fortuna, ogni tanto, aiuta gli audaci!


Quante avventure, quanti chilometri e soprattutto quante emozioni.
Raccontarle tutte sarebbe quasi impossibile, ma l’importante è averle vissute insieme.
Sono stati tre anni intensi e voi siete state compagne meravigliose.
Sicure.
Oggi abbiamo percorso uno dei nostri ultimi “viaggi” che, come molti del resto, ricorderemo per parecchio tempo.
Spero abbiate degne sostitute perché come recitava una frase di Forrest Gump: “mamma diceva sempre che dalle scarpe di una persona si capiscono tante cose, dove va, cosa fa e dove è stata”.
A vedere come sono "sfatte" le mie, e dopo 3 risuolature, si capiscono molte cose!
Un breve tributo alle mie scarpe... anzi compagne d'avventura è d'obbligo.
La prima parte della discesa dal Diavolino è parecchio esposta e richiede molta cura ed attenzione!


Uno sgurado verso l'alto. Il cielo è tornato blu. 
Per pochissimo tempo.


Il guardiano del Pizzo Tendina.


Alla piana di Valsecca il momento migliore dei Diavoli. 
Ma anche in questo caso durerà poco!



giovedì 4 ottobre 2018

Pizzo di Coca - Cresta/Spigolo Sud

“Sbaglia sempre chi resta a casa”; così recita una massima che spesso s’è rivelata azzeccata durante questa grande avventura dedicata alla Alpi Orobie!
L’ultima via storica del Pizzo di Coca ci stava aspettando ma le previsioni da qualche giorno erano piuttosto pessimistiche : “molto nuvoloso in montagna e arrivo della perturbazione dalle ore 16:00”.
La salita in giornata alla Cresta/Spigolo Sud del Pizzo di Coca è tutto tranne che una passeggiata e l’indecisione regnava sovrana ma davvero… “sbaglia sempre chi resta a casa”?
“Ma si dai; al massimo arriviamo al laghetto di Coca e, se la situazione fa veramente cagare, torniamo a Valbondione con le pive nel sacco”! Comunico a Filippo.
La morale della favola?
La scoprirete guardando l’album fotografico!
Partiamo da Valbondione alle 05:00 con in testa, in loop, l’itinerario originale descritto dal Corti sulla bibbia orobica “Alpi Orobie” del ‘56 e giunti al Rifugio Coca prendiamo un buon caffè da Fabrizio godendoci lo spettacolo dell’alba; la levataccia degli avvicinamenti notturni viene ripagata con quei pochissimi minuti di rara bellezza.
“E’ la via metricamente più breve dal Rifugio Coca alla vetta e offre un’ottima arrampicata su ottime rocce. Percorrendone il filo si deve superare una breve difficoltà, la più dura del Coca e una delle più dure del gruppo, ma si può però, sebbene con minore interesse, evitarla”.
Curiosità vuole che la fascia sia stata evitata dai primi salitori perciò abbiamo uno dei pochi casi di due prime ascese!
La prima, evitando la parte difficile, è stata fatta da C. Luchsinger, F. Perolari e B. Sala il 15 luglio 1923, mentre il percorso completo è stato compiuto il 15 ottobre 1938 da A. e N. Corti.
Sono cinque (cog)nomi che amo follemente perciò, secondo il mio punto di vista, il merito va diviso equamente.
L’itinerario storico prosegue poi così…  “dalla Bocchetta del Polledrino si attacca lo spigolo di ottime rocce, e lo si segue fino ad un piccolo sbarramento a strapiombo che si vince, valendosi di un canaletto sul versante di Coca e ritornando sul filo.
Poco dopo si hanno davanti, appena sul lato occidentale, due canali, uno largo a destra e uno a sinistra più stretto, quasi a camino. Ci si arrampica benissimo per questo e si riprende il filo, per un tratto facilissimo, fino ad un’interruzione dello spigolo, dominato quasi da una gran torre, che si supera senza speciali difficoltà e, dalla sua sommità, si discende leggermente a una più marcata interruzione di splendida roccia che per la metà inferiore è a gradoni, mentre la superiore è stagliata da una balza che ha un unico camino un po’ obliquo.
Dalla depressione si salgono i gradoni appoggiando un po’ a destra e si raggiunge la base del camino, che si risale su ottimi appigli per una decina di metri, alquanto duri, fino a una cengia assai inclinata che si svolge orizzontale verso destra (Est). Il camino si restringe, a fessura negli ultimi metri, dominando un gran salto
(lasciatemelo sottolineare, ma questo passaggio non è assolutamente banale, nda).
Bisogna, appena attaccata la fessura, uscire a sinistra su una placca inclinatissima con minimi appigli, per ritrovarne altri più sicuri, sul margine della placca stessa e così superarla.
Si arriva ad un pendio di moderata inclinazione, di splendide rocce sode, che si salgono diagonalmente a destra, verso la sommità dell’ultimo cucuzzolo dello spigolo, donde in breve per pendio di sfasciumi si giunge alla vetta (2-3 ore dalla Bocchetta del Polledrino).
Per il tratto più alto e più esposto della fascia, può essere consigliabile un’assicurazione con mezzi artificiali”.
Sarò sincero, ma questo lo reputo uno dei racconti più belli e precisi che Alfredo Corti scrisse durante la grande esplorazione delle Alpi Orobie.
Racconto che se rapportato alla nostra descrizione rivista in chiave moderna cambia realmente di poco.
Innanzitutto sottolineo un’altra volta come il passo chiave non sia facile tant’è che all’interno del camino troverete tre chiodi e un friend incastrato. Sono pochi metri ma bastardi ed esposti!
Per l’avvicinamento bisogna seguire il segnavia CAI numero 323 che dal Rifugio Coca conduce al Rifugio Curò transitando dalla Bocchetta del Camoscio.
Superata la Bocchetta del Polledrino, facilmente riconoscibile da un piccolo basamento ove un tempo era stata posizionata una colonnina del telesoccorso, si scendono pochi metri nella conca sottostante abbandonando il segnavia e salendo verso sinistra un evidente canale spesso innevato culminante alla stretta breccia dove ha inizio la cresta/spigolo.

Da un mio vecchio scatto fatto dal pizzo di Redorta, la linea di salita alla Cresta/Spigolo Sud.



La doppia denominazione deriva dal fatto che anticamente questo itinerario era chiamato “spigolo” mentre oggi s’è trasformato in “cresta”. Per non sbagliare ho deciso di mantenere l’appellativo storico e moderno!
Dall’intaglio si sale facilmente alla sommità del primo torrioncello con passi divertenti di I massimo II grado scendendo successivamente ad una comoda selletta.
Si continua la salita evitando un breve tratto ostico tenendo leggermente la sinistra, lato di Coca, e quando si presentano i due canali citati nella descrizione storica si imbocca il ramo di sinistra che, con bella e facile arrampicata, conduce nuovamente in cresta. Il canale a metà diviene quasi camino e bisogna prestare attenzione ai tanti sassi mobili (II).
In questo frangente l’ambiente è orobico DOC!
All’uscita il crinale si fa quasi pianeggiante fino a giungere nei pressi di un’ulteriore bastionata che va salita su divertenti gradoni per circa una trentina di metri per poi tornare in cresta in vista della grande torre che domina lo Spigolo Sud (II).
Si scende rapidamente ad un piccolo intaglio e, tenendo tendenzialmente la destra, si risalgono altri gradoni fino a intercettare il camino obliquo che, con andamento da destra a sinistra, culmina in spaccatura; il passo chiave della via.
Si scala quindi il camino che in alto diventa fessura uscendo infine a sinistra su una placca poverissima di appigli (III+? A me sinceramente sembrava qualcosa in più!).
Alla base del camino noterete un vecchio chiodo fondamentale per l’assicurazione. Altri due chiodi, uno a metà e uno prima della placca finale con un friend incastrato proteggono l’esposta scalata su ottima roccia!
Il tiro è breve, sono 25 metri scarsi, ma assai impegnativo perciò è fondamentale allestire una buona sosta all’uscita (noi l’abbiamo fatta su spuntone non avendo trovato nulla in loco).
Dalla sosta si prosegue fino alla sommità della torre attraverso rocce meno inclinate (II+) abbastanza solide.
Dinanzi a noi si staglia un’ultima torretta alta una decina di metri che va salita stando leggermente sulla sinistra; passo facile ma piuttosto esposto (II).
Finalmente la vetta è visibile e si “conquista” dopo aver valicato altri due piccoli spuntoni con un ultimo sforzo su sfasciumi tipicamente orobici!
Il mare di nuvole e la giornata strepitosa hanno reso quest’ascesa memorabile.
#machebellochebellissimo (cit.)!
Qualche considerazione; la via a noi è piaciuta moltissimo ed anzi, se devo essere sincero, l’ho trovata più bella dello Spigolo/Cresta Est e della Cresta Nord. A pari merito forse la Cresta Ovest-Nord-Ovest; quella che sale dal Passo di Coca.
L’ambiente è strepitoso e il passo chiave non è assolutamente da sottovalutare. Volendo questo tratto è evitabile snaturando tuttavia il logico sviluppo dell’itinerario.
“Tutta la grande fascia può essere evitata, appoggiando, sotto la sua base, a sinistra, onde raggiungere e risalire, senza speciali difficoltà, il valloncello che sta tra la balza dello spigolo e un suo cospicuo sperone del versante di Coca. Alla sua sommità, si volge a destra verso la vetta”.
Per concludere: una corda da 30 metri basta e prima del tiro chiave, se proprio volete divertirvi, troverete pane per i vostri denti semplicemente seguendo integralmente il filo dello spigolo.
Con me Filippo che, come sempre del resto e dopo aver corso la sera prima, s’è mostrato in ottima forma!
Grazie a questa nuova avventura anche la stagione 2018 l’archivierò come una delle più belle di sempre.


Partiamo da Valbondione in compagnia del freddo respiro della notte che ci terrà compagnia fino al Rifugio Coca.


"Giunti al rifugio prendiamo un buon caffè da Fabrizio godendoci lo spettacolo dell’alba; la levataccia degli avvicinamenti notturni viene ripagata con quei pochissimi minuti di rara bellezza".


Più saliamo e più lo spettacolo comincia a svelarsi. 
In basso noterete il guardiano della Presolana!


Erosione per ruscellamento superficiale... dice Filippo!


Dalla Bocchetta del Polledrino tre dei sei 'Giganti delle Orobie'.


Passi interessanti si alternano a tratti più semplici.


"Poco dopo si hanno davanti, appena sul lato occidentale, due canali, uno largo a destra e uno a sinistra più stretto, quasi a camino. Ci si arrampica benissimo per questo e si riprende il filo, per un tratto facilissimo, fino ad un’interruzione dello spigolo".


Un privilegio godere di questo spettacolo da un angolo remoto del Pizzo di Coca durante una giornata del genere!


 La buona arrampicata gentilmente offerta dal canalino/camino di sinistra.
Per la salita abbiamo optato per una veloce conserva corta.


La Bocchetta del Camoscio da una prospettiva inedita.


Esposizione ne abbiamo?


La grande torre della Cresta Sud con il tiro chiave della via.
Bello atletico... per non dire altro!


Spuntano i contrafforti della via normale con la conca del Barbellino immersa nel mare di nuvole.


La piccola bastionata prima della grande torre.
Viaggiamo tra scogli in un mare di... nuvole!


Il chiodo alla partenza del camino obliquo.
StartDancing.


Filippo impegnato nel camino obliquo che in alto diventa fessura.


Non c'è limite al meglio; soprattutto quando il limite delle nuvole disegna un'emozione che difficilmente scorderemo!


Per l'uscita bisogna scalare la placca di sinistra.


Esposizione da cardiopalma all'uscita del camino. 
Vietato guardare verso il basso!


Pure gli ultimi metri per raggiungere la sommità della torre non sono da sottovalutare.
Nettamente più facili del tiro nel camino ma comunque assai esposti.


Nessuna didascalia; lascio parlare lo scatto!


"Dinanzi a noi si staglia un’ultima torretta alta una decina di metri che va salita stando leggermente sulla sinistra; passo facile ma piuttosto esposto (II)".


I colori dell'autunno!


Dopo 2000 metri di dislivello finalmente s'intravede la vetta.
Buff... buff.


Il bacino artificiale del Barbellino celato dal mare di nuvole.
Tutto ci aspettavamo tranne uno spettacolo del genere!


Dal Pizzo di Redorta al Pizzo degli Uomini. 
In pratica il cuore delle Orobie.


Ultimi risalti!


La giusta ricompensa dopo 2200 metri di dislivello.
Che spettacolooooo!


(Tanto)³ ma proprio (Tanto)³ happy.
Al termine della traversata delle 6 Cime il Coca ci aveva accolto e avvolto in un mare di nebbie mentre oggi s'è riscattato.


Lo sguardo in direzione dell'anticima Nord del Pizzo di Coca.


Siamo soli e dopo tanta fatica ci gustiamo il regalo più bello.


Le Cime di Caronno con il Pizzo di Scotes; una settimana fa ero lassù.


Orobic DreamTeam all'attacco o, se meglio preferite, BimbiMinkia felici!


Giulietta e Romeo in versione moderna si godono il balcone più bello del mondo!


Buon autunno a tutti; l'estate è finita.
Alla grande!