25-01-2025
ore 5:05
Mi sveglio di sobbalzo e… scrivo.
Non so chi o cosa mi abbia suggerito queste poche righe ma vi assicuro che
corrispondono a realtà.
Nel corso della mia vita ho conosciuto pochissime persone che umanamente
rispecchiassero le mie aspettative e solamente la montagna è riuscita a curare
le ferite di una realtà problematica.
Questo per sottolineare quanto l’essere umano possa essere freddo e sotto certi
punti di vista spietato.
Gli essere umani dovrebbero imparare molto (se non tutto) dalla natura. La natura
insegna, la natura arricchisce, la natura è magia e poesia, la natura cura, la natura è VITA!
Questo è uno dei motivi per cui fuggo tra le “mie” amate Orobie. Si, perché solo
loro comprendono il mio stato d’animo complicato ma sincero.
Il motivo di questa riflessione?
Più cresco e più mi rendo
conto che il genere umano meriterebbe l’estinzione!
16 Novembre
2024 ore 3:30
Mi sveglio, preparo lo zaino e… corro ad abbracciarle!
Ho deciso di pubblicare questa uscita del tardo autunno scorso per un paio di
motivi: in primis perché il Pizzo Gro merita sempre una visita in quanto la reputo
una delle montagne più bizzarre e iconiche delle Alpi Orobie, un vero e proprio
castello roccioso formato da molteplici torri, e poi per il suo continuo mutare
che rende sempre più complicata la sua ascesa.
La parte finale è inoltre costituita da
una curiosa lama scura e strapiombante conficcata nella parte basale della montagna.

Ricordo ancora le parole dello storico rifugista del Brunone (l’indimenticato Antonio
Moraschini) quando durante l’estate del 2001 nel bel mezzo di una calda notte la
conformazione della montagna cambiò per sempre.
“Ho sentito un boato mentre stavamo dormendo e la mattina seguente ho notato
che dal Gro era scesa un’enorme frana: mancava un pezzo di montagna!”.
In effetti quello smottamento sconvolse la montagna ridisegnandone l’aspetto e
trasformando in un vero e proprio labirinto la parte alta della stessa. Un
dedalo di roccia, cenge, gande e “menhir” che rende avventurosa l’ascesa!
Dopo quella frana la montagna è in continua mutazione perciò non escludo che tra
qualche tempo potrebbe cadere anche la pioda/uncino finale (naturalmente la mia
speranza è che non accada mai).
Dico tutto ciò in quanto durante la discesa ho udito un tonfo sordo provenire
dalle viscere del monte; un rumore inquietante che m’ha fermato il cuore per
qualche millesimo di secondo.
Il Pizzo Gro è una “massiccia montagna che ha il suo maggiore e migliore
sviluppo sul versante valtellinese; su quello seriano, benché non sia la più
alta è tuttavia la più evidente e meglio individuata delle vette sorgenti fra
il Passo della Brunone e il Passo del Salto.
Visitata assai di rado.”
Con queste poche righe all’inizio del 900 il Saglio descriveva questa cima
sorgente in quel fazzoletto di terra che decora i “giganti delle Orobie”; poco
oltre la stessa e superata la bastionata della Cima Soliva la linea spartiacque
si spinge ad abbracciare le cime più alte del gruppo montuoso.
Per quanto mi riguarda sono sempre stato innamorato di questo luogo, del resto
nel versante valtellinese sorge il borgo (secondo il sottoscritto) più bello,
intimo, caratteristico e rappresentativo dell’Orobia più profonda e selvaggia:
Agneda.
“Agneda, come d’altra parte Ambria, è un antico insediamento probabilmente
di pastori provenienti dalla Val Brembana e dalla Val Seriana, in provincia di
Bergamo, che a un certo punto hanno deciso di stanziare nella valle e costruire
il paese. Il toponimo deriva evidentemente da ‘agnus’, agnello.
Il borgo di Agneda fu sempre abbastanza popolato, anche per la vicinanza delle
miniere nei pressi del Passo della Scaletta e il forno di Vedèl, ma ebbe il
massimo di espansione demografica negli anni ’30, in concomitanza con la
costruzione della diga di Scàes [Scais]. Ora il borgo è spopolato, ma anche
d’inverno qualcuno è sempre di passaggio anche nei giorni feriali: insomma è
abbandonato ma non del tutto”.*
Durante la stagione calda almeno un paio di volte mi reco tra le bellezze che
sorgono sopra la sua piana in cerca di serenità e avventura.
La Capanna Mambretti, il Pizzo del Salto, Il Pizzo Gro, La Cima Soliva,
Redorta, Scais e Porola, le due cime di Caronno e dulcis in fundo il Pizzo di
Scotes sono solo un esempio di quello che questo piccolo angolo di paradiso
potrebbe offrire.
Detto ciò, se volete farmi un bel regalo sapete dove mi piacerebbe avere una
baita tutta per me!
😊 😊 😊 😊
In questo blog cercando troverete anche la traversata integrale che dal Piccolo
Gro si spinge fin verso il Passo del Salto transitando per i torrioni
occidentali del Gro mentre per quanto concerne il suddetto itinerario la
partenza (START) avviene da Fiumenero seguendo il sentiero che sale verso il
Rifugio Brunone.
[Breve itinerario]
Giunti alla spianata del “Campo del Salto” si abbandona il sentiero CAI, che prosegue
verso il Rifugio Brunone, e svoltando verso sinistra si transita dalle
caratteristiche baite di Campo costruite sotto grossi massi per poi imboccare
la vallata del Salto (facilmente riconoscibile da un torrentello). Aiutati da
sporadici bolli rosso/arancioni si sale prima sulla sinistra idrografica e
successivamente, passando alla destra idrografica, si tocca un piccolo edificio in località “Tenda”.
Ora bisogna continuare a seguire i bolli rossi (dx) che attraverso un percorso
disagevole e con alcuni tratti attrezzati portano alla particolare “gola del
Salto” e successivamente, risalendo la costa opposta, si passa dalla capsula
alpe Gro. A questo punto è giocoforza girare a sinistra e senza itinerario
obbligato montare un ripido pendio erboso che in pochi (ma faticosi) minuti si
congiunge al sentiero delle Orobie.
Seguito verso destra il comodo sentiero lo si abbandona poco dopo puntando alle
verticali pareti meridionali del Gro che si sfiorano dopo aver risalito un
ripido pendio decisamente faticoso e prettamente ghiaioso. Poco prima di
toccare le bastionate meridionali del Gro (prestare attenzione all’ultimo pendio
in quanto ripido ed instabile) si traversa verso destra fino a giungere nei
pressi di un canale che scende dalla breccia che divide il Pizzo Gro dal
Piccolo Gro (facilmente distinguibile da una geometrica spaccatura al centro
della parete settentrionale).
Risalita zizzagando una ripida cengia erbosa finalmente si guadagna l’accesso
al canaletto che con difficoltà tutto sommato contenute (max II) spalanca le
porte di questo mondo certamente peculiare.
Alla breccia tra il Gro [propriamente detto] e il piccolo Gro bisogna deviare a
sinistra e con un percorso su cengia un poco esposta e successivamente
risalendo un altro canalino si guadagna la parte alta della montagna. È proprio
in questa zona che il Gro dà il meglio di sé; la severità del posto unito al
paesaggio quasi lunare rendono tutto magico!
Siamo nella pancia della frana che nel 2001 sconvolse la conformazione della
montagna e infatti il paesaggio è composto da gande, canalini e torri che
sembrano crollare da un momento all’altro. A quanto pare lo smottamento ha
fatto crollare la cima gemella della vetta (anticamente il Gro era bifido) e i
massi sembrerebbe abbiano otturato un enorme e profondo buco… il rumore sordo
che descrivevo all’inizio del racconto è avvenuto nel profondo di questa
voragine.
Stando radenti le pareti di alte piodesse (dx) per canalini, massi sospesi
(attenzione!!) e salti quasi verticali (II/III) dopo un breve saliscendi si
esce su un minuto pianerottolo sovrastato dalla pioda finale. Inutile dirvi che
l’ambiente è sicuramente straordinario (qualche ometto ad indicare la via).
Scavalcata la cresta confinale che sale dal Passo del Salto e percorso per
qualche metro il versante nord si attacca la parte finale che con facili passi (20 metri, II) porta sulla stretta e panoramica vetta!
La salita è abbastanza lunga e spossante (mettete in conto almeno una decina di
ore tra andata e ritorno con un importante dislivello) e uno spezzone di corda è ampiamente consigliato;
durante l’ascesa di ottobre/novembre ho lasciato qualche cordino nei punti più
critici!
*Cenni tratti da www.supertrek.it
Buona visione!
Sotto le bastionate del Diavolo di Tenda
La faticosa linea di salita al Pizzo Gro.
Siamo nel cuore dell'Orobia più profonda e selvaggia!
Particolare sul canalino che dà lo 'start' alla via di salita.
Finestra 'indiavolata' gentilmente offerta dal primo canalino di salita.
Filippo impegnato durante la salita del primo canalino!
Alla breccia tra il Gro e il Piccolo Gro si entra nel regno della bellezza!
Dovremo arrivare fin lassù... ma che figata!
Uno sguardo verso il cuore delle Alpi Orobie.
La particolare spaccatura geometrica del Piccolo Gro.
Qualche anno fa mi sono calato da lassù!
Tra cenge esposte e ripidi canalini.
Sassoni sospesi e piode traballanti; benvenuti nel magico mondo del Gro!
Parte del labirinto roccioso che vi raccontavo nella descrizione.
La corda esce dallo zaino per rendere sicuri alcuni brevi passaggi.
L'eleganza delle punte della montagna dinamica!
Sotto i piedi di Filippo (che tra le altre cose è pure geologo) la grande voragine coperta dalla frana del 2001.
Il tonfo sordo l'ho sentito arrivare da li sotto!
Spunta una delle perle delle Alpi Orobie: il Lago di Scais.
La caratteristica pioda-uncino finale del Gro.
Gli ultimi e divertenti metri che portano sulla stretta cima!
La linea spartiacque dei sogni; quanti bei ricordi solitari su quelle creste!
C'è poco da dire, bisogna solo godere!
Sulla cima a sfondo giganti!
Non vorrei più scendere da questo piccolo angolo di paradiso!
In autunno i colori del Lago di Scais sono semplicemente meravigliosi!
Pizzo di Redorta e Punta di Scais con la linea spartiacque tra Bg e So.
Uno sguardo in direzione della Regina!
La giornata perfetta sulla montagna quasi perfetta!
Arrivederci posto meraviglioso!
Durante la discesa alcuni tratti è meglio farli in retro!
Torneremo all'auto col buio, d'altronde a novembre le giornate sono dannatamente corte!