martedì 4 marzo 2025

Le Alpi Orobie a scuola!

 Quando una scuola superiore ti chiama per fare un podcast dedicato alle Alpi Orobie e vieni intervistato da un ragazzo di quinta superiore capisci che hai vinto!
Hai vinto perché la tua passione, il tuo amore e la tua dedizione sono arrivati alle nuove generazioni!
 Hai vinto perché quello che vent’anni fa sembrava un sogno difficilmente realizzabile alla fine è diventato il sogno di molti.
Hai vinto perché le tue montagne continuano a regalarti, ma soprattutto regalare, grandi emozioni.
Hai vinto perché la ricchezza interiore che ti hanno donato non è minimamente paragonabile alla ricchezza materiale che niente dona e poco lascia.
Hai vinto perché le ALPI OROBIE hanno vinto.
Grazie all’Istituto Politecnico di Grumello del Monte e a tutti i ragazzi che hanno avuto questa bellissima idea.
Avete vinto anche voi!

#istitutopolitecnico
#podcast
#loscrignodellealpiorobie

Un podcast a scuola… fantastico!
Il grazie arriva anche dalle Orobie.

Il link della chiacchierata: "bergamasco che son io" alla scoperta delle orobie con Maurizio Agazzi






lunedì 3 febbraio 2025

La montagna dinamica: il Pizzo Gro (2625)

                                                                     25-01-2025 ore 5:05
Mi sveglio di sobbalzo e… scrivo.
Non so chi o cosa mi abbia suggerito queste poche righe ma vi assicuro che corrispondono a realtà.
Nel corso della mia vita ho conosciuto pochissime persone che umanamente rispecchiassero le mie aspettative e solamente la montagna è riuscita a curare le ferite di una realtà problematica.
Questo per sottolineare quanto l’essere umano possa essere freddo e sotto certi punti di vista spietato.
Gli essere umani dovrebbero imparare molto (se non tutto) dalla natura. La natura insegna, la natura arricchisce, la natura è magia e poesia, la natura cura, la natura è VITA!
Questo è uno dei motivi per cui fuggo tra le “mie” amate Orobie. Si, perché solo loro comprendono il mio stato d’animo complicato ma sincero.
Il motivo di questa riflessione?
Più cresco e più mi rendo conto che il genere umano meriterebbe l’estinzione!

16 Novembre 2024 ore 3:30
Mi sveglio, preparo lo zaino e… corro ad abbracciarle!
Ho deciso di pubblicare questa uscita del tardo autunno scorso per un paio di motivi: in primis perché il Pizzo Gro merita sempre una visita in quanto la reputo una delle montagne più bizzarre e iconiche delle Alpi Orobie, un vero e proprio castello roccioso formato da molteplici torri, e poi per il suo continuo mutare che rende sempre più complicata la sua ascesa.
La parte finale è inoltre costituita da una curiosa lama scura e strapiombante conficcata nella parte basale della montagna.

Ricordo ancora le parole dello storico rifugista del Brunone (l’indimenticato Antonio Moraschini) quando durante l’estate del 2001 nel bel mezzo di una calda notte la conformazione della montagna cambiò per sempre.
“Ho sentito un boato mentre stavamo dormendo e la mattina seguente ho notato che dal Gro era scesa un’enorme frana: mancava un pezzo di montagna!”.
In effetti quello smottamento sconvolse la montagna ridisegnandone l’aspetto e trasformando in un vero e proprio labirinto la parte alta della stessa. Un dedalo di roccia, cenge, gande e “menhir” che rende avventurosa l’ascesa!
Dopo quella frana la montagna è in continua mutazione perciò non escludo che tra qualche tempo potrebbe cadere anche la pioda/uncino finale (naturalmente la mia speranza è che non accada mai).
Dico tutto ciò in quanto durante la discesa ho udito un tonfo sordo provenire dalle viscere del monte; un rumore inquietante che m’ha fermato il cuore per qualche millesimo di secondo.
Il Pizzo Gro è una “massiccia montagna che ha il suo maggiore e migliore sviluppo sul versante valtellinese; su quello seriano, benché non sia la più alta è tuttavia la più evidente e meglio individuata delle vette sorgenti fra il Passo della Brunone e il Passo del Salto.
Visitata assai di rado.”

Con queste poche righe all’inizio del 900 il Saglio descriveva questa cima sorgente in quel fazzoletto di terra che decora i “giganti delle Orobie”; poco oltre la stessa e superata la bastionata della Cima Soliva la linea spartiacque si spinge ad abbracciare le cime più alte del gruppo montuoso.
Per quanto mi riguarda sono sempre stato innamorato di questo luogo, del resto nel versante valtellinese sorge il borgo (secondo il sottoscritto) più bello, intimo, caratteristico e rappresentativo dell’Orobia più profonda e selvaggia: Agneda.

“Agneda, come d’altra parte Ambria, è un antico insediamento probabilmente di pastori provenienti dalla Val Brembana e dalla Val Seriana, in provincia di Bergamo, che a un certo punto hanno deciso di stanziare nella valle e costruire il paese. Il toponimo deriva evidentemente da ‘agnus’, agnello.
Il borgo di Agneda fu sempre abbastanza popolato, anche per la vicinanza delle miniere nei pressi del Passo della Scaletta e il forno di Vedèl, ma ebbe il massimo di espansione demografica negli anni ’30, in concomitanza con la costruzione della diga di Scàes [Scais]. Ora il borgo è spopolato, ma anche d’inverno qualcuno è sempre di passaggio anche nei giorni feriali: insomma è abbandonato ma non del tutto”.*


Durante la stagione calda almeno un paio di volte mi reco tra le bellezze che sorgono sopra la sua piana in cerca di serenità e avventura.
La Capanna Mambretti, il Pizzo del Salto, Il Pizzo Gro, La Cima Soliva, Redorta, Scais e Porola, le due cime di Caronno e dulcis in fundo il Pizzo di Scotes sono solo un esempio di quello che questo piccolo angolo di paradiso potrebbe offrire.
Detto ciò, se volete farmi un bel regalo sapete dove mi piacerebbe avere una baita tutta per me!
😊 😊 😊 😊
In questo blog cercando troverete anche la traversata integrale che dal Piccolo Gro si spinge fin verso il Passo del Salto transitando per i torrioni occidentali del Gro mentre per quanto concerne il suddetto itinerario la partenza (START) avviene da Fiumenero seguendo il sentiero che sale verso il Rifugio Brunone.
[Breve itinerario]
Giunti alla spianata del “Campo del Salto” si abbandona il sentiero CAI, che prosegue verso il Rifugio Brunone, e svoltando verso sinistra si transita dalle caratteristiche baite di Campo costruite sotto grossi massi per poi imboccare la vallata del Salto (facilmente riconoscibile da un torrentello). Aiutati da sporadici bolli rosso/arancioni si sale prima sulla sinistra idrografica e successivamente, passando alla destra idrografica, si tocca un piccolo edificio in località “Tenda”.
Ora bisogna continuare a seguire i bolli rossi (dx) che attraverso un percorso disagevole e con alcuni tratti attrezzati portano alla particolare “gola del Salto” e successivamente, risalendo la costa opposta, si passa dalla capsula alpe Gro. A questo punto è giocoforza girare a sinistra e senza itinerario obbligato montare un ripido pendio erboso che in pochi (ma faticosi) minuti si congiunge al sentiero delle Orobie.
Seguito verso destra il comodo sentiero lo si abbandona poco dopo puntando alle verticali pareti meridionali del Gro che si sfiorano dopo aver risalito un ripido pendio decisamente faticoso e prettamente ghiaioso. Poco prima di toccare le bastionate meridionali del Gro (prestare attenzione all’ultimo pendio in quanto ripido ed instabile) si traversa verso destra fino a giungere nei pressi di un canale che scende dalla breccia che divide il Pizzo Gro dal Piccolo Gro (facilmente distinguibile da una geometrica spaccatura al centro della parete settentrionale).
Risalita zizzagando una ripida cengia erbosa finalmente si guadagna l’accesso al canaletto che con difficoltà tutto sommato contenute (max II) spalanca le porte di questo mondo certamente peculiare.
Alla breccia tra il Gro [propriamente detto] e il piccolo Gro bisogna deviare a sinistra e con un percorso su cengia un poco esposta e successivamente risalendo un altro canalino si guadagna la parte alta della montagna. È proprio in questa zona che il Gro dà il meglio di sé; la severità del posto unito al paesaggio quasi lunare rendono tutto magico!
Siamo nella pancia della frana che nel 2001 sconvolse la conformazione della montagna e infatti il paesaggio è composto da gande, canalini e torri che sembrano crollare da un momento all’altro. A quanto pare lo smottamento ha fatto crollare la cima gemella della vetta (anticamente il Gro era bifido) e i massi sembrerebbe abbiano otturato un enorme e profondo buco… il rumore sordo che descrivevo all’inizio del racconto è avvenuto nel profondo di questa voragine.
Stando radenti le pareti di alte piodesse (dx) per canalini, massi sospesi (attenzione!!) e salti quasi verticali (II/III) dopo un breve saliscendi si esce su un minuto pianerottolo sovrastato dalla pioda finale. Inutile dirvi che l’ambiente è sicuramente straordinario (qualche ometto ad indicare la via).
Scavalcata la cresta confinale che sale dal Passo del Salto e percorso per qualche metro il versante nord si attacca la parte finale che con facili passi (20 metri, II) porta sulla stretta e panoramica vetta!

La salita è abbastanza lunga e spossante (mettete in conto almeno una decina di ore tra andata e ritorno con un importante dislivello) e uno spezzone di corda è ampiamente consigliato; durante l’ascesa di ottobre/novembre ho lasciato qualche cordino nei punti più critici!

*Cenni tratti da www.supertrek.it

Buona visione!



Sotto le bastionate del Diavolo di Tenda


La faticosa linea di salita al Pizzo Gro.
Siamo nel cuore dell'Orobia più profonda e selvaggia!


Particolare sul canalino che dà lo 'start' alla via di salita.


Finestra 'indiavolata' gentilmente offerta dal primo canalino di salita.


Filippo impegnato durante la salita del primo canalino!


Alla breccia tra il Gro e il Piccolo Gro si entra nel regno della bellezza!


Dovremo arrivare fin lassù... ma che figata!


Uno sguardo verso il cuore delle Alpi Orobie.


La particolare spaccatura geometrica del Piccolo Gro.
Qualche anno fa mi sono calato da lassù!


Tra cenge esposte e ripidi canalini.


Sassoni sospesi e piode traballanti; benvenuti nel magico mondo del Gro!


Parte del labirinto roccioso che vi raccontavo nella descrizione.


La corda esce dallo zaino per rendere sicuri alcuni brevi passaggi.


L'eleganza delle punte della montagna dinamica!


Sotto i piedi di Filippo (che tra le altre cose è pure geologo) la grande voragine coperta dalla frana del 2001.
Il tonfo sordo l'ho sentito arrivare da li sotto!


Spunta una delle perle delle Alpi Orobie: il Lago di Scais.


La caratteristica pioda-uncino finale del Gro.


Gli ultimi e divertenti metri che portano sulla stretta cima!


La linea spartiacque dei sogni; quanti bei ricordi solitari su quelle creste!


C'è poco da dire, bisogna solo godere!


Sulla cima a sfondo giganti!


Non vorrei più scendere da questo piccolo angolo di paradiso!


In autunno i colori del Lago di Scais sono semplicemente meravigliosi!


Pizzo di Redorta e Punta di Scais con la linea spartiacque tra Bg e So.


Uno sguardo in direzione della Regina!


La giornata perfetta sulla montagna quasi perfetta!


Arrivederci posto meraviglioso!


Durante la discesa alcuni tratti è meglio farli in retro!

Torneremo all'auto col buio, d'altronde a novembre le giornate sono dannatamente corte!

mercoledì 15 gennaio 2025

Aggiornamento di #progettoalbe

 “Il giorno è fatto per restare, la notte per fuggire.
Già, perché il giorno appartiene a tutti mentre la notte è solo dei sognatori”.
Non so per quale motivo ma l’altra notte mentre scendevo dalla Grignetta m’è uscita questa frase che descrive in maniera pressoché perfetta #progettoalbe.

Ho sempre detestato le festività e considero il giorno di Natale come il giorno dell’ipocrisia. Tutto è bello, colorato, ovattato per non dire finto e, dulcis in fundo, la gente che fino al giorno prima si odiava il 25 dicembre si vuole bene.
Per poi tornare ad odiarsi il 26… naturalmente!
Non sto a spiegarvi il motivo di questo pensiero seppur tutto derivi dal non avere mai festeggiato il Natale durante gli anni forse più belli e spensierati della mia vita.
Non per una mia scelta naturalmente!
Sotto questo punto di vista le Alpi Orobie e il gruppo delle Grigne, meteo permettendo, m’hanno sempre regalato una giornata speciale da dedicare completamente a me stesso; un giorno dove il silenzio, la pace, la solitudine e la bellezza regnano incontrastate.
Le strade si trasformano in dune desertiche e le cime delle montagne tornano a respirare la loro dimensione primordiale.
Molte sono le notti di Natale trascorse in vetta alla Grignetta e seppur meno numerosi sono i ricordi delle traversate delle due Grigne, alta più bassa, compiute proprio durante il giorno dell’ipocrisia.
Il 2024 come scritto nel post precedete per il sottoscritto è stato un anno piuttosto devastante e l’unico appiglio che m’ha permesso di non cadere sono state loro: le Alpi Orobie.
Queste montagne per me NON rappresentano un campo giochi per cibare l’ego (non ne ho bisogno e non mi interessa), ma sono un vero e proprio rifugio che più di una volta m’hanno salvato la vita.
Sono una persona complicata?
Può darsi.
Il motivo per cui lo sono?
Sicuramente non per colpa mia.
Sovente nella mia vita mi sono trovato a fare a cazzotti con me stesso per colpe mai volute e mai cercate ma… capitate e LORO in tutte queste occasioni m’hanno dato modo di sfogare quella rabbia che poco alla volta poteva devastarmi l’anima.
Confidandomi con amici ho sempre sostenuto che le Orobie mi hanno letteralmente salvato la vita perciò, e quando sarà il momento giusto, solo loro me la potranno togliere.
D’altronde se il Maurizio sgangherato e incapace di fare qualsiasi cosa (come spesso mi ripetevano coloro che dovevano starmi vicino) è diventato il Maurizio coraggioso e innamorato della vita il merito è SOLO di questo gruppo montuoso.
Orobie 💖💓💖💓
Ho scritto appositamente “gruppo montuoso” giacché le Alpi Orobie non sono solo cime, pareti, canali e creste, ma un’entità VIVA costituita da un microcosmo naturale di rara e inestimabile bellezza.
Flora, fauna, storia, cultura, bellezza.

Piacevoli incontri durante #progettoalbe sul Pizzo del Becco.

Per questo motivo ho deciso che tra la fine 2024 e l’inizio del 2025 avrei fatto qualche salita solitaria sia di giorno che di notte per regalarmi un po’ di serenità.
E qui apro una parentesi dedicata alle scorribande notturne spesso solitarie.
Girovagando per l’Orobia siete in parecchi che mi riconoscete e la domanda che quasi sempre mi sento porre riguarda proprio le ascese solitarie notturne.
Tengo a precisare che sarebbe buona cosa non emularmi in quanto l’andar per monti la notte richiede una conoscenza approfondita del territorio nonché la giusta dose d’esperienza soprattutto come nei casi del Pizzo Arera salito la notte di Capodanno e il Pizzo Castello goduto” durante i primi giorni del 2025 laddove la tipologia di terreno da affrontare non era proprio banale.
Mi chiedete se essendo solo non provo un senso di paura.
“Bisogna imparare ad avere paura, perché la paura ti salva!”, scriveva qualcuno tempo fa.
Non ho paura in quanto considero le Alpi Orobie un po’ come una casa e comunque prima di affrontare una montagna in stile notturno studio bene l’itinerario (magari andando pochi giorni prima per ricordarmi meglio dove passare) cercando poi di ricalcare esattamente l’itinerario studiato durante le ore del giorno. Questo perché non accertandomi quasi mai la percentuale della luminosità della luna molte volte mi trovo a “giocare” con notti estremamente buie e… poco accoglienti!
Rammento che durante le salite notturne dell’Arera e del Pizzo Castello la temperatura mediamente si attestava attorno ai 15 gradi sotto zero.
Nello zaino naturalmente porto tutto, anche il superfluo, in quanto e soprattutto durante la stagione invernale il terreno può cambiare in base all’altitudine, all’esposizione e alla temperatura.
Notoriamente il pericolo oggettivo durante la stagione fredda non deve essere sottovalutato.
Anche in presenza di un inverno poco nevoso com’è stato fino al 5 gennaio 2025 i ramponi e la piccozza sono stati compagni inscindibili; lastre di ghiaccio dovute alle bassissime temperature si potevano nascondere anche ad altitudini piuttosto basse.
Un’altra domanda che frequentemente mi viene posta riguarda il motivo dell’andare solo e per lo più di notte.
Dunque, all’inizio del progetto e in ogni caso durante la stagione più calda ho sempre avuto una piccola squadra formata da due amici per me storici Luca e Filippo che però ultimamente vuoi per impegni, vuoi per la stagione non proprio consona a questa tipologia di ascensioni hanno deciso di sospendere la continuazione di questa idea un po’ bizzarra!
Tutto ciò per me non rappresenta un problema dato che m’è sempre piaciuto andar per vette da solo, ma qui sorge un problema legato alla sicurezza.
Già, perché sinonimo di squadra/cordata è sicurezza; in effetti se dovesse succedere qualcosa quando si è in compagnia l’autosoccorso potrebbe risolvere molti problemi, mentre se si è soli è un bel casino alias… son cazzi!
Naturalmente questi sono calcoli che non faccio mai prima di partire sennò resterei nel letto al calduccio.
Pertanto che si fa?
Come prima cosa cerco di abbassare la percentuale di rischio (il rischio zero in montagna non esiste… figuriamoci in inverno, di notte e da soli).
Come?
 Studiando l’itinerario, preparandomi fisicamente e mentalmente magari cercando di pianificare in maniera pressoché perfetta l’orario dell’arrivo sulla cima cosicché da non patire troppo il freddo.
Mettendo nello zaino come scrivevo poco sopra tutto l’occorrente e… anche di più!
Senza forzare a tutti i costi l’ascesa ma prefissandomi una serie di “check point” per fare il punto della situazione: intensità del freddo, presenza di ghiaccio, velocità del vento (durante l’inverno il vento è quasi sempre presente al di sopra di una determinata quota), ecc.
In estate tutto ciò viene ridimensionato anche se c’è il rovescio della medaglia, ossia che la nascita del nuovo giorno avviene prestissimo, non lasciando quindi spazio al sonno!
L’idea di #progettoalbe partita un po’ in sordina e un po’ per gioco durante l’estate del 2020 col passare del tempo è diventata un vero e proprio progetto di vita che mi sta sorprendendo sempre più.
L’ennesima perla da custodire gelosamente il quel contenitore di meraviglie chiamato “scrigno delle Alpi Orobie”.
[A tal proposito: tra non molto riceverete notizie fresche per quanto riguarda il libro]!
😊 😊 😊 😊
Ero partito con l’idea di fare 4 al massimo 5 albe ma mi sono fatto prendere un po’ (troppo) la mano e attualmente il numero di ascese accompagnate dal “freddo respiro della notte” è divenuto importante: 50/60!
Un numero inimmaginabile all’inizio del progetto che, come scrivevo poc’anzi, è nato casualmente principalmente per fuggire dalla montagna post lockdown presa d’assalto da troppa gente.
Con l’arrivo della prima neve (siamo al 15 gennaio 2025) purtroppo il progetto andrà in stand-by per qualche mese, ma l’idea che mi sono preposto è di portarlo avanti anche nel 2025.
Questo è quanto!
Aga

    Qualche scatto di #progettoalbe:

Il "Re" delle Alpi Orobie baciato da #progettoalbe.

#progettoalbe a spasso per la Grignetta in inverno.

#progettoalbe gioca con la Regina!

Il Diavolo di Tenda abbraccia #progettoalbe.

#progettoalbe "incornicia" il Monte Valletto.

#progettoalbe sul secondo Diavolo: quello della Malgina!

#progettoalbe2025!

La prima alba del 2025 grazie a #progettoalbe2025.
Pizzo Arera 01/01/2025

Anche le notti più buie, fredde e  lunghe hanno una fine con #progettoalbe.

#progettoalbe2025 al Pizzo Castello.

La "pecora nera" di #progettoalbe.
Tramonto sulla Grignetta!

venerdì 3 gennaio 2025

Pizzo Castello & Cima d’Avert

Il 2024 lo ricorderò come un anno piuttosto sfigato seppur ricco di soddisfazioni orobiche.
In aprile l’ennesimo intervento chirurgico mi aveva letteralmente spezzato le gambe ma poi la forza di volontà ha avuto ancora la meglio contro tutte le sfighe che mi stanno capitando in questi ultimi anni.
Sarò sincero; un po’ tutta la mia vita è stata sfigata in quanto costretto a trascorrere parecchio del mio tempo tra ospedali e sale operatorie. Sommando tutti i ricoveri parliamo non di mesi ma bensì di anni.
Però, e come dice un famoso detto, l’importante non è cadere ma sapersi rialzare ed io, credetemi, mi sono sempre rialzato cercando nelle Orobie l’obiettivo del riscatto.
Ma veniamo a noi.
Avevo già postato tempo fa un report che raccontava questo itinerario ma le condizioni meteo (ahimè) non erano state favorevoli; nebbia, nebbia e… ancora nebbia!
 Da qui l’idea di riproporre il percorso con l’ausilio di alcuni scatti fotografici che meglio fanno comprendere le difficoltà e la bellezza di una cresta a fil di cielo.
Il percorso non è difficile, se fatto integralmente bisogna affrontare passi di II e forse III, serve soltanto un po’ di attenzione in alcuni tratti assai esposti laddove la qualità della roccia non è proprio il massimo.
Roccia d’Orobia DOP!
Potremmo infine definire questo percorso come l’inizio del vero e proprio crinale che dal Pizzo Castello porta in vetta al Pizzo di Redorta.
La cresta Sud della sopracitata montagna; la seconda assieme alla Punta di Scais per ordine di altezza seppur nel libro del Saglio, la bibbia delle Alpi Orobie, la Punta di Scais viene quotata 3039m, pertanto il Pizzo di Redorta dovrebbe essere la terza vetta più alta delle Alpi Orobie!
Il mio consiglio è di portare uno spezzone di corda (30 metri bastano e avanzano) con qualche protezione veloce cosicché da rendere l’ascesa sicura e piacevole.
Non serve una descrizione dettagliata per percorrere questa cresta in quanto la logicità della stessa non necessita di spiegazioni precise.
 Solamente nella parte alta, poco prima della cima d’Avert, bisogna prestare attenzione nell’affrontare un tratto piuttosto verticale ed esposto ma comunque di roccia abbastanza accettabile!
Le Alpi Orobie rappresentano un contenitore di svariate possibilità e questo itinerario è soltanto l’ennesimo esempio di una stagione, quella del 2024, per me assolutamente incredibile e da mettere in bacheca per tutto il resto della mia vita.
Che bello… che figata!
Qualche info.
 Per raggiungere il Pizzo Castello dalla caratteristica e facile salita bisogna parcheggiare l’auto nel parcheggio libero dell’autorimessa SAB poco prima di entrare in Valbondione per poi prendere il sentiero ben segnato che sale al Pozzo Enel.
Itinerario tratto dal sito del CAI di Bergamo: “Partendo dall'autorimessa delle autolinee SAB di Valbondione (870 m) posta all'inizio del paese (sulla sinistra), si sale nel bosco verso l'agriturismo "Salvasecca". Lasciatolo sulla sinistra si continua l'ascesa fino a incontrare una strada forestale che si segue per un certo tratto. La realizzazione di detta strada ha in parte modificato il vecchio tracciato. E' importante prestare attenzione ai segni bianco-rossi (soprattutto in discesa) per seguire il sentiero correttamente. La si percorre attraversando poi la val di Foga (1438 m) e, poco dopo, la si abbandona per seguire sulla destra il sentiero che riprende a salire con decisione, costeggiando per un tratto le condotte forzate della centrale dei Dossi (la strada porta invece alle Stalle di Redorta). Si esce dal bosco e si arriva a un fabbricato con molte antenne a quota 1680 m, si continua ora a mezzacosta attraversando sotto ripide pareti e, dopo una scalinata, si è al pozzo ENEL (1800 m)”.
Dal pozzo si segue ancora il sentiero per qualche minuto per poi abbandonarlo svoltando verso destra e, risalita una pietraia piuttosto scomoda, si giunge alla sella posta alla sinistra del Pizzo Castello.
Dalla sella piegando a destra e con itinerario piuttosto avventuroso si sale facilmente al Pizzo Castello con bella vista sull’alta Valbondione impreziosita del corollario di cime del Barbellino.
Tornati alla sella inizia la lunga e scorbutica cresta che conduce sulla cima d’Avert.
Buon divertimento!
P.S. Per la discesa ci sono svariate possibilità giacché terminata la cresta si intercetta il sentiero delle Orobie Orientali per cui: si può raggiungere il Rifugio Coca e scendere da lì, oppure salire al Simàl (il punto più alto del sentiero delle Orobie) per poi scendere dal Lago di Avert oppure ancora scendere “ad cazzum” la vallata posta alla sinistra del crinale percorso.
Buon 2025 a rutti... pardon tutti!



Al Pozzo ENEL.
In alto oltre il panettone erbo-ghiaioso s'intravede la sella da raggiungere per salire al Castello.

L'ambiente caratteristico salendo al Pizzo Castello.
Si passa ovunque con la giusta reazione fisica!

Lizzola e la Presolana catturate dalla cima.

Parte alta della Valle Seriana con il Passo di Valsecca in bella vista.

I contrafforti del Pizzo di Redorta e la piccola croce del Pizzo Castello.

La strana conformazione che rende omaggio al nome: Pizzo Castello.


La prima parte della cresta è erbosa, ripida e noiosa ma poi inizia il divertimento!


Menhir a metà crinale e Pizzo Arera.

Tratti scomodi ed esposti a cui prestare attenzione.

L'esposizione di certo non manca... ma che bello!

La regina domina l'orizzonte.

Nella parte alta antenne alte!

Dente di Coca (qualche giorno fa eravamo lassù), cime di Arigna e Pizzo di Coca.

Ginnastica d'Orobia!

Prospettive inedite della conca del Barbellino (tempo fa avevo percorso il crinale in compagnia della nebbia).

Profumo d'Orobia... sentore di magia!

Svariate possibilità e divertimento assicurato!

Il gruppo del Coca a vigilare.

L'ultima elevazione prima di abbassarsi e intercettare il sentiero delle Orobie.
La vera cima d'Avert si trova poco sopra il sentiero, dirimpetta questa quota!

"Ol Simàl" e l'imponente versante sud-est del Pizzo di Redorta.
In basso la vallata che si potrebbe scendere per un veloce rientro.

Nuovamente al Pozzo ENEL.
Che dire, un'altra giornata da ricordare per parecchio tempo!

22 Ottobre 2024.
La cascata di Val Foga in ottima forma!