Senz’ombra di dubbio
la via più alpinista e scorbutica per raggiungere il Diavolo della Malgina; una
cresta assolutamente non banale e in molti punti da interpretare.
Il regno è decisamente dell’esposizione e i panorami sono sempre di prim’ordine.
Sconsigliatissima a cordate numerose per l’alto rischio di lapidazione.
Quella che sto per raccontarvi è indubbiamente una delle traversate più belle e particolari della Valmorta; indiscutibilmente meno inflazionata delle più note traversate delle Cime di Cagamei, della Cresta di Valmorta e delle svariate salite al Pizzo di Coca.
La vicinanza di montagne più blasonate inoltre, il Coca sopra tutte, unita alla lunghezza del percorso la rendono poco appetibile seppur di rara soddisfazione.
Un unico appunto avverso debbo però rimarcarlo sulla pericolosità della roccia che si trova durante quasi tutta la cavalcata; precarietà ed esposizione richiedono ottima conoscenza nel sapersi muovere su terreni infidi nonché delicati.
Del Pizzo del Diavolo della Malgina, anticamente denominato semplicemente “Pizzo del Diavolo”, scrissero: corno a forme regolari ed eleganti, soprattutto dal versante valtellinese, determinate dalla regolare orizzontalità dei suoi strati di antichissimi micascisti premariani.
Formato dall’incrocio di quattro creste, due principali (occidentale e orientale) e due secondarie (meridionale e settentrionale).
Dalla vetta si ha un’amplissima vista”.
La cresta Sud, ovvero quella di collegamento con la Bocchetta del Cavrel*, offre una cavalcata “old style” laddove il profumo di pionierismo trapela da ogni singola rupe.
Per renderla ancor più completa ed emozionante abbiamo deciso di concatenare anche i pizzi Cappuccello e Cavrel per quella che s’è rivelata non un’avventura ma bensì un viaggio!
Disse Alfredo Corti: “questa cresta è lunga, con speroni e bastionate sui due lati, frequentemente visitati dai cacciatori di camosci (stiamo parlando degli anni ’50 naturalmente, nda).
Il tratto superiore della cresta è stato percorso in discesa nel 1900 da G. Castelli e A. Corti, e tutta la cresta, il 4 ottobre 1931 da A. Corti, G. Foianini e F. Perolari con G. Pirovano.
Il percorso.
Dal Rifugio Curò bisogna scendere ai piedi della diga del Barbellino dove si abbandona il segnavia 323 per imboccare il segnavia 303 che sale alla Bocchetta del Camoscio; la variante difficile del Sentiero delle Orobie.
Giunti in prossimità del piano di Valmorta, alcuni tratti con catene devono essere affrontati con riguardo, poco prima di toccare il grazioso laghetto basso di Valmorta si abbandona il segnavia CAI dirigendosi verso oriente, destra, salendo senza percorso obbligato (obliquando da destra a sinistra) fino a raggiungere una selletta nelle vicinanze di un evidente torrione con vista sul sottostante invaso artificiale del Barbellino.
Difficoltà vere e proprie non ve ne sono ed anzi, con un po’ di attenzione, è possibile agguantare il crinale un po’ dappertutto.
Dal colletto si segue la facile seppur affilata cresta verso Nord-Est giungendo alla base del Pizzo Cappuccello dove un facile canale conduce sotto la cima.
Al termine del canale si devia a sinistra per poi salire, tramite sfasciumi con passi nel limite del I grado, alla calotta terminale che porta senza eccessive difficoltà sulla panoramica vetta.
Dalla cima appoggiando preferibilmente sul versante Ovest e dopo aver oltrepassato una cengetta, percorso fatto in salita, si scende su rottami all’apertura tra il Pizzo Cappuccello e il Pizzo Cavrel e successivamente, tenendosi appena sul versante meridionale senza, si va sotto il filo di cresta e per l’erto pendio di roccette erbose si giunge al cono terminale che si rimonta direttamente (qualche breve passo di I grado).
Dal Pizzo Cavrel inizia il tratto di percorso più alpinistico della lunga cavalcata.
Dalla vetta si scende la cresta/spigolo Nord con cura appoggiando leggermente sul versante di Valmorta fino ad intercettare un chiodo che abbiamo lasciato in loco (autunno 2017) utile per realizzare una calata a corda doppia di una trentina di metri.
Terminata la calata nei pressi di un terrazzino di devia a destra, faccia a valle, e attraverso sfasciumi instabili si perviene ad un colletto posto alla base di una serie di pinnacoli tanto estetici quanto scorbutici.
I pinnacoli di roccia assai precaria vanno scalati attenzione, soltanto il secondo va aggirato sulla sinistra, portandosi in questa maniera alla Bocchetta di Cavrel dove in caso di maltempo e/o stanchezza è possibile tornare a valle.
Dalla bocchetta la roccia seguita ad essere incerta ed instabile presentandosi spesso sottile e di scisti fogliacei e nei pressi di un intaglio esposto caratterizzato da una recente frana è giocoforza scendere qualche metro sul versante Est per attraversare la grossa ganda e riprendere la cresta nelle vicinanze di una sella.
Prestare particolare impegno al sopradetto attraversamento poiché si muove (un po’) tutto!
Il percorso per pochi metri concede una tregua pervenendo sulla cima di una seconda quota contraddistinta da un costolone che s’abbassa verso la Valmorta sopraggiungendo successivamente ad un salto con un camino molto esposto e friabile dove si presentano due possibilità per continuare.
La prima possibilità, più difficile, consiste nello scendere con molta cautela il camino friabile mentre la seconda, più facile della prima perciò consigliata, consta nel tornare indietro di qualche metro e scendere il costolone per un centinaio di metri traversando in Valmorta e risalendo al colletto dove termina il camino friabile.
Più o meno si perdono gli stessi metri di dislivello, qualcosa in più se si opta per la seconda possibilità, quindi la decisione dev’essere rapportata alle proprie capacità.
Superato questo salto la roccia migliora sensibilmente lasciando spazio alla fantasia e toccando, finalmente, l’anticima meridionale del Diavolo della Malgina nei pressi del passo chiave della traversata descritto dal Saglio come “un unico e breve tratto difficile, ma di buona roccia, quasi a mo’ di due torri o tagli della cresta, divisi da una breccia, che richiedono una arrampicata alquanto ardua, si continua con facilità e moderata inclinazione fino alla vetta”.
Seguire quindi la cresta formata da qualche esposto pinnacolo fino ad un’evidente torrioncello laddove abbiamo lasciato “abbracciato” ad uno spuntone uno spezzone di cordone arancione necessario per calarsi con una doppia da 30 metri.
Salire quindi la successiva torre di ottima roccia, III, per infine uscire sull’ultima facile rampa che conduce sulla vetta del Diavolo della Malgina.
Insomma; da come avrete intuito la traversata non è assolutamente semplice e da sottovalutare.
Favoloso lo scenario offerto dalla vetta: le montagne più alte della catena orobica sono facilmente riconoscibili mentre la vicina catena Retica domina la sottostante Valtellina.
Per completare un giro ad anello davvero strepitoso conviene scendere dalla Cresta Est, la via normale, tenendo leggermente il versante seriano pervenendo al Passo della Malgina.
Tracce ben marcate e numerosi segnavia indicheranno il comodo rientro nella conca del Barbellino.
Vi lascio con una frase di Giovanni De Simoni, storico compagno di cordata di Agostino Parravicini, che descrive in maniera impeccabile il mio concetto di riscoperta orobica: “questa è la sola ragione per la quale ignoro qui altre montagne che pur ebbi la ventura di percorrere, fuori dalla cerchia orobico-retica: esse mi aggiunsero conoscenze, ma non fui ‘innamorato’ si da averne, come per le prime, profonde rispondenze nel sentimento della mia formazione”.
Chapeau!
Il regno è decisamente dell’esposizione e i panorami sono sempre di prim’ordine.
Sconsigliatissima a cordate numerose per l’alto rischio di lapidazione.
Quella che sto per raccontarvi è indubbiamente una delle traversate più belle e particolari della Valmorta; indiscutibilmente meno inflazionata delle più note traversate delle Cime di Cagamei, della Cresta di Valmorta e delle svariate salite al Pizzo di Coca.
La vicinanza di montagne più blasonate inoltre, il Coca sopra tutte, unita alla lunghezza del percorso la rendono poco appetibile seppur di rara soddisfazione.
Un unico appunto avverso debbo però rimarcarlo sulla pericolosità della roccia che si trova durante quasi tutta la cavalcata; precarietà ed esposizione richiedono ottima conoscenza nel sapersi muovere su terreni infidi nonché delicati.
Del Pizzo del Diavolo della Malgina, anticamente denominato semplicemente “Pizzo del Diavolo”, scrissero: corno a forme regolari ed eleganti, soprattutto dal versante valtellinese, determinate dalla regolare orizzontalità dei suoi strati di antichissimi micascisti premariani.
Formato dall’incrocio di quattro creste, due principali (occidentale e orientale) e due secondarie (meridionale e settentrionale).
Dalla vetta si ha un’amplissima vista”.
La cresta Sud, ovvero quella di collegamento con la Bocchetta del Cavrel*, offre una cavalcata “old style” laddove il profumo di pionierismo trapela da ogni singola rupe.
Per renderla ancor più completa ed emozionante abbiamo deciso di concatenare anche i pizzi Cappuccello e Cavrel per quella che s’è rivelata non un’avventura ma bensì un viaggio!
Disse Alfredo Corti: “questa cresta è lunga, con speroni e bastionate sui due lati, frequentemente visitati dai cacciatori di camosci (stiamo parlando degli anni ’50 naturalmente, nda).
Il tratto superiore della cresta è stato percorso in discesa nel 1900 da G. Castelli e A. Corti, e tutta la cresta, il 4 ottobre 1931 da A. Corti, G. Foianini e F. Perolari con G. Pirovano.
Il percorso.
Dal Rifugio Curò bisogna scendere ai piedi della diga del Barbellino dove si abbandona il segnavia 323 per imboccare il segnavia 303 che sale alla Bocchetta del Camoscio; la variante difficile del Sentiero delle Orobie.
Giunti in prossimità del piano di Valmorta, alcuni tratti con catene devono essere affrontati con riguardo, poco prima di toccare il grazioso laghetto basso di Valmorta si abbandona il segnavia CAI dirigendosi verso oriente, destra, salendo senza percorso obbligato (obliquando da destra a sinistra) fino a raggiungere una selletta nelle vicinanze di un evidente torrione con vista sul sottostante invaso artificiale del Barbellino.
Difficoltà vere e proprie non ve ne sono ed anzi, con un po’ di attenzione, è possibile agguantare il crinale un po’ dappertutto.
Dal colletto si segue la facile seppur affilata cresta verso Nord-Est giungendo alla base del Pizzo Cappuccello dove un facile canale conduce sotto la cima.
Al termine del canale si devia a sinistra per poi salire, tramite sfasciumi con passi nel limite del I grado, alla calotta terminale che porta senza eccessive difficoltà sulla panoramica vetta.
Dalla cima appoggiando preferibilmente sul versante Ovest e dopo aver oltrepassato una cengetta, percorso fatto in salita, si scende su rottami all’apertura tra il Pizzo Cappuccello e il Pizzo Cavrel e successivamente, tenendosi appena sul versante meridionale senza, si va sotto il filo di cresta e per l’erto pendio di roccette erbose si giunge al cono terminale che si rimonta direttamente (qualche breve passo di I grado).
Dal Pizzo Cavrel inizia il tratto di percorso più alpinistico della lunga cavalcata.
Dalla vetta si scende la cresta/spigolo Nord con cura appoggiando leggermente sul versante di Valmorta fino ad intercettare un chiodo che abbiamo lasciato in loco (autunno 2017) utile per realizzare una calata a corda doppia di una trentina di metri.
Terminata la calata nei pressi di un terrazzino di devia a destra, faccia a valle, e attraverso sfasciumi instabili si perviene ad un colletto posto alla base di una serie di pinnacoli tanto estetici quanto scorbutici.
I pinnacoli di roccia assai precaria vanno scalati attenzione, soltanto il secondo va aggirato sulla sinistra, portandosi in questa maniera alla Bocchetta di Cavrel dove in caso di maltempo e/o stanchezza è possibile tornare a valle.
Dalla bocchetta la roccia seguita ad essere incerta ed instabile presentandosi spesso sottile e di scisti fogliacei e nei pressi di un intaglio esposto caratterizzato da una recente frana è giocoforza scendere qualche metro sul versante Est per attraversare la grossa ganda e riprendere la cresta nelle vicinanze di una sella.
Prestare particolare impegno al sopradetto attraversamento poiché si muove (un po’) tutto!
Il percorso per pochi metri concede una tregua pervenendo sulla cima di una seconda quota contraddistinta da un costolone che s’abbassa verso la Valmorta sopraggiungendo successivamente ad un salto con un camino molto esposto e friabile dove si presentano due possibilità per continuare.
La prima possibilità, più difficile, consiste nello scendere con molta cautela il camino friabile mentre la seconda, più facile della prima perciò consigliata, consta nel tornare indietro di qualche metro e scendere il costolone per un centinaio di metri traversando in Valmorta e risalendo al colletto dove termina il camino friabile.
Più o meno si perdono gli stessi metri di dislivello, qualcosa in più se si opta per la seconda possibilità, quindi la decisione dev’essere rapportata alle proprie capacità.
Superato questo salto la roccia migliora sensibilmente lasciando spazio alla fantasia e toccando, finalmente, l’anticima meridionale del Diavolo della Malgina nei pressi del passo chiave della traversata descritto dal Saglio come “un unico e breve tratto difficile, ma di buona roccia, quasi a mo’ di due torri o tagli della cresta, divisi da una breccia, che richiedono una arrampicata alquanto ardua, si continua con facilità e moderata inclinazione fino alla vetta”.
Seguire quindi la cresta formata da qualche esposto pinnacolo fino ad un’evidente torrioncello laddove abbiamo lasciato “abbracciato” ad uno spuntone uno spezzone di cordone arancione necessario per calarsi con una doppia da 30 metri.
Salire quindi la successiva torre di ottima roccia, III, per infine uscire sull’ultima facile rampa che conduce sulla vetta del Diavolo della Malgina.
Insomma; da come avrete intuito la traversata non è assolutamente semplice e da sottovalutare.
Favoloso lo scenario offerto dalla vetta: le montagne più alte della catena orobica sono facilmente riconoscibili mentre la vicina catena Retica domina la sottostante Valtellina.
Per completare un giro ad anello davvero strepitoso conviene scendere dalla Cresta Est, la via normale, tenendo leggermente il versante seriano pervenendo al Passo della Malgina.
Tracce ben marcate e numerosi segnavia indicheranno il comodo rientro nella conca del Barbellino.
Vi lascio con una frase di Giovanni De Simoni, storico compagno di cordata di Agostino Parravicini, che descrive in maniera impeccabile il mio concetto di riscoperta orobica: “questa è la sola ragione per la quale ignoro qui altre montagne che pur ebbi la ventura di percorrere, fuori dalla cerchia orobico-retica: esse mi aggiunsero conoscenze, ma non fui ‘innamorato’ si da averne, come per le prime, profonde rispondenze nel sentimento della mia formazione”.
Chapeau!
* “Stretta e marcata incisione della cresta fra il
Pizzo del Diavolo e il Pizzo Cavrel: anonima sulle carte mette in comunicazione
l’alto circo della Valle Malgina seriana con l’alta Valmorta”.
Da uno scatto primaverile la bellissima e lunghissima Cresta Sud del Diavolo della Malgina catturata dalla Valmorta.
La percorreremo integralmente come se "non ci fosse un domani"!
La percorreremo integralmente come se "non ci fosse un domani"!
Un tramonto decisamente DOC presagisce l'ennesima giornata indelebile!
Ci godiamo i colori e il tepore in vista di una giornata che si preannuncia lunga e faticosa.
Quest'oggi la luna ci porterà fortuna!
Sguardi che difficilmente scorderò.
Che il lungo viaggio abbia inizio!
Che il lungo viaggio abbia inizio!
Terminato un facile tratto di cresta affilata ed esposta decidiamo di salire al Pizzo Cappuccello da una variante piccante!
Dirimpetto la cresta che porta sul Cavrel e sulla sinistra il resto del crinale da percorrere.
Il Pizzo di Coca dalla vetta del Cappuccello.
Dopo averlo "scavalcato" con una bella arrampicata ecco il Pizzo Cappuccello nel mentre della salita al Pizzo Cavrel.
Il secondo step della lunghissima giornata; la vetta del Pizzo Cavrel impreziosita dal "re" delle Orobie.
Mamma mia!
Mamma mia!
Prospettive decisamente inconsuete per il Barbellino!
Prospettive inedite zeppe di moltissimi dubbi dal classico sapore orobico.
L'adrenalinica discesa dallo Spigolo-Cresta Nord del Cavrel.
Ormai è chiaro; siamo nell'egemonia del marcio!
Ormai è chiaro; siamo nell'egemonia del marcio!
La prima delle tante finestre dedicate al Pizzo di Coca con la sua estetica Cresta Nord percorsa poco tempo fa!
I primi cinque pinnacoli post Pizzo Cavrel sono tanto eleganti quanto bastardi.
Molto bastardi!
Molto bastardi!
Colpi d'occhio di prim'ordine quest'oggi.
Laggiù i laghi della Malgina!
Laggiù i laghi della Malgina!
I passaggi sono sempre aerei e soprattutto delicati.
Poco oltre la Bocchetta del Cavrel il "Cornetto delle Rondini"!
Esposizione a go-go nei pressi di una recente frana laddove conviene appoggiare leggermente sulla destra.
Qui, tanto per cambiare, è tutto precario!
Qui, tanto per cambiare, è tutto precario!
L'incisione-camino assai pericoloso della seconda quota (2800 presumo) aggirabile in discesa appoggiando sul versante di Valmorta.
Questo è uno dei tratti più infimi della cavalcata.
Questo è uno dei tratti più infimi della cavalcata.
ll lunghissimo crinale non concede tregua.
La roccia migliorerà soltanto verso la fine!
La roccia migliorerà soltanto verso la fine!
Prepariamo una doppia su spuntone di 30 metri per scendere ad una profonda depressione.
Il tratto chiave superabile prima con una calata a corda doppia e successivamente con una breve scalata.
Durante la calata alla profonda breccia del passo chiave (lasciato cordone arancione in loco).
Il punto verso la fine di ottima roccia descritto dal Saglio come "quasi a mo di due torri o tagli della cresta divisi da una breccia".
Che ambiente spettacolare!
Finalmente si vede bene la campanella posta sulla vetta del Diavolo.
La facile impennata terminale sarà poco più di una passeggiata!
La facile impennata terminale sarà poco più di una passeggiata!
E' stata una delle giornate più lunghe, faticose ma remunerative di sempre.
Una giornata, l'ennesima, da conservare tra i ricordi più belli.
“Amo le montagne di puro amore ma voi, Orobie mie, siete qualcosa di più per il mio cuore; avete il dolce fascino di un primo amore”!
Una giornata, l'ennesima, da conservare tra i ricordi più belli.
“Amo le montagne di puro amore ma voi, Orobie mie, siete qualcosa di più per il mio cuore; avete il dolce fascino di un primo amore”!
L'ultimo saluto 'estivo' alla conca del Barbellino non poteva avere miglior epilogo.
L'anima ma soprattutto il cuore esultano!
L'anima ma soprattutto il cuore esultano!
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